Usucapione del conduttore: requisiti, limiti e giurisprudenza

L’usucapione del conduttore è un tema giuridico di particolare interesse nella prassi immobiliare, soprattutto quando il detentore di un immobile intende far valere l’acquisto della proprietà in forza del possesso prolungato.

Tuttavia, in presenza di un contratto di locazione o comodato, il detentore non può invocare l’usucapione se non prova l’interversione del possesso ai sensi dell’art. 1141, comma 2, c.c.

La recente pronuncia della Cassazione civile n. 11972 del 7 maggio 2025 offre un importante chiarimento in materia, ribadendo l’onere probatorio gravante sul conduttore che invochi l’usucapione in sede giudiziale.

Indice dei contenuti

  • Usucapione e interversione del possesso: il quadro normativo
  • Il caso deciso dalla Cassazione civile n. 11972/2025
    • La domanda di rilascio dell’immobile
    • La domanda riconvenzionale di usucapione
  • La decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria
  • I motivi del ricorso in Cassazione
  • La pronuncia della Corte di Cassazione: onere della prova e art. 1141 c.c.

Usucapione e interversione del possesso: il quadro normativo

L’usucapione, disciplinata dagli artt. 1158 e ss. del codice civile, è un modo di acquisto della proprietà e di altri diritti reali attraverso il possesso continuato per un determinato periodo di tempo. Tuttavia, quando il possesso ha avuto origine da un titolo che configura una mera detenzione — come nel caso del contratto di locazione o di comodato — l’acquisto per usucapione richiede un elemento ulteriore: l’interversione del possesso.

L’art. 1141, comma 2, c.c., dispone infatti che «la detenzione si trasforma in possesso solo quando colui che detiene la cosa manifesta in modo non equivoco l’intenzione di tenerla come propria». Tale manifestazione deve essere chiara, univoca e idonea a far conoscere al proprietario la volontà del detentore di agire uti dominus.

Pertanto, il conduttore che invochi l’usucapione deve fornire la prova di tale interversione, dimostrando che il proprio comportamento è mutato in modo palese e inequivocabile, così da trasformare la detenzione in possesso esclusivo.

Il caso deciso dalla Cassazione civile n. 11972/2025

La domanda di rilascio dell’immobile

Con ricorso ex art. 447 bis c.p.c., M.F., in proprio e nella qualità di procuratore generale di M.S., conveniva in giudizio C.A. innanzi al Tribunale di Reggio Calabria per ottenere la risoluzione di un contratto di comodato avente ad oggetto un appartamento con terrazzo e il conseguente rilascio dell’immobile, il ripristino delle condizioni abitative e il risarcimento dei danni.

La domanda riconvenzionale di usucapione

C.A., costituitosi in giudizio, proponeva domanda riconvenzionale chiedendo l’accertamento dell’intervenuta usucapione ultraventennale dell’immobile. Egli affermava di aver detenuto l’immobile in locazione tra il 1981 e il 1984, per poi rimanere nella disponibilità dell’appartamento senza titolo, a partire dal 1988, rifiutandosi di restituirlo per il mancato rimborso di spese straordinarie sostenute. Il convenuto richiedeva altresì l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A., contitolare del bene.

Il Tribunale accolse la domanda riconvenzionale, rigettò la domanda di rilascio e condannò gli attori alle spese processuali.

La decisione della Corte d’Appello di Reggio Calabria

In sede di gravame, M.F. e M.A. proposero appello contro la decisione di primo grado. La Corte d’Appello di Reggio Calabria, in parziale riforma della sentenza, rigettò la domanda di usucapione avanzata da C.A.

Secondo i giudici di secondo grado, il rapporto tra le parti era riconducibile a un contratto di locazione di fatto mai dichiarato ai fini fiscali. Inoltre, non risultava provata l’interversione della detenzione in possesso, come richiesto dall’art. 1141, comma 2, c.c.

La Corte osservava che:

  • C.A. aveva continuato a versare canoni di locazione anche dopo il presunto rifiuto di rilascio dell’immobile nel 1988, come risultava dalla testimonianza del geometra P.;
  • M.F. aveva conservato le chiavi dell’appartamento, come dimostrato dalla circostanza che nel 2006 consentì l’accesso al CTU incaricato dal giudice dell’esecuzione, nell’ambito di una procedura esecutiva contro M.S.;
  • Le spese straordinarie sostenute da C.A. erano inferiori sia ai canoni di locazione non versati sia al valore dell’immobile.

Alla luce di tali elementi, la Corte d’Appello concludeva per la mancanza di una condotta univoca e incompatibile con la detenzione, idonea a integrare l’interversione richiesta per far decorrere il termine dell’usucapione.

I motivi del ricorso in Cassazione

Avverso la sentenza della Corte d’Appello, C.A. proponeva ricorso per cassazione, lamentando, tra l’altro:

  • la violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte d’Appello fondato la propria decisione su elementi istruttori ritenuti non adeguatamente provati o non dedotti dalle parti;
  • l’erronea valutazione della prova testimoniale del geometra P., ritenuta non sufficiente a escludere l’interversione.

Il ricorrente sosteneva, in particolare, che la locazione fosse cessata nel 1984 e che l’interversione si fosse perfezionata nel 1988 con il rifiuto di riconsegnare l’immobile.

La pronuncia della Corte di Cassazione: onere della prova e art. 1141 c.c.

Con sentenza n. 11972 del 7 maggio 2025, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello.

La Suprema Corte ha chiarito che:

  • ai fini dell’usucapione, quando l’immissione nel possesso avviene in virtù di un titolo di detenzione (locazione o comodato), è necessaria la prova dell’interversione ex art. 1141, comma 2, c.c.;
  • tale prova deve essere fornita dal soggetto che invochi l’usucapione e deve consistere in atti concludenti, non equivoci, idonei a far comprendere al proprietario l’intenzione di possedere uti dominus;
  • la prova dell’interversione non può ritenersi raggiunta se il conduttore continua a versare i canoni, se il proprietario conserva le chiavi dell’immobile, o se manca una condotta inequivocabile di appropriazione esclusiva del bene.

Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che:

  • la testimonianza del geometra P. fosse attendibile nel riferire il pagamento di canoni anche dopo l’asserita cessazione del contratto;
  • la circostanza che il proprietario avesse ancora accesso all’immobile nel 2006 escludesse un possesso esclusivo del convenuto;
  • l’interversione non potesse desumersi dal solo rifiuto di restituire l’immobile, soprattutto se motivato da controversie economiche relative alle spese sostenute.

Pertanto, l’usucapione non può ritenersi perfezionata in assenza di una condotta inequivocabilmente incompatibile con la detenzione originaria.

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