Trasformazione edilizia e destinazione d’uso: la Corte boccia la legge del Lazio

La trasformazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso è un tema centrale nel diritto urbanistico, poiché coinvolge l’equilibrio tra interesse pubblico e iniziativa privata nella gestione del territorio.

La sentenza n. 51 del 2025 della Corte costituzionale ha riaffermato la centralità della potestà pianificatoria comunale, dichiarando incostituzionale una norma della Regione Lazio che consentiva tali interventi senza passare dal Consiglio comunale.

In questo articolo analizziamo nel dettaglio la questione, i riferimenti normativi e le implicazioni per i Comuni e i professionisti del settore edilizio.

Indice dei contenuti

  • La nozione di trasformazione edilizia e il mutamento della destinazione d’uso
  • Il quadro normativo di riferimento
  • La legge regionale del Lazio n. 7/2017 e l’art. 4, comma 4
  • La sentenza della Corte costituzionale n. 51/2025
  • Il ruolo centrale del Consiglio comunale nella pianificazione
  • I rischi di una pianificazione derogatoria e frammentata

La nozione di trasformazione edilizia e il mutamento della destinazione d’uso

Nel contesto urbanistico, per trasformazione edilizia si intende un intervento che modifica in modo significativo l’assetto urbanistico-edilizio di un immobile o di un’area.

Uno degli aspetti più delicati di tali trasformazioni è il mutamento della destinazione d’uso, ovvero il passaggio dell’immobile da una funzione (ad esempio, produttiva) a un’altra (ad esempio, residenziale o commerciale).

Tali trasformazioni sono particolarmente sensibili perché possono incidere:

  • sul carico urbanistico (viabilità, servizi, standard urbanistici);
  • sulla funzione sociale del territorio (es. servizi pubblici, verde urbano);
  • sull’equilibrio tra le diverse destinazioni previste dallo strumento urbanistico comunale.

Proprio per queste ragioni, la legge statale attribuisce al Comune il potere di pianificare e autorizzare tali trasformazioni, anche attraverso il Consiglio comunale, organo titolare della funzione pianificatoria.

Il quadro normativo di riferimento

A livello nazionale, la pianificazione urbanistica è disciplinata principalmente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (Testo Unico dell’Edilizia), che all’articolo 23-ter definisce il mutamento della destinazione d’uso urbanisticamente rilevante e stabilisce i criteri per il suo assoggettamento a titolo abilitativo edilizio.

La pianificazione urbanistica comunale trova il proprio fondamento negli articoli:

  • Art. 117, comma 2, lett. s) Cost.: attribuisce allo Stato la competenza esclusiva in materia di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema;
  • Art. 117, comma 3 Cost.: attribuisce la competenza concorrente in materia di governo del territorio;
  • Art. 114 e 118 Cost.: riconoscono l’autonomia amministrativa e regolamentare degli enti locali, tra cui i Comuni.

Pertanto, ogni intervento normativo regionale deve rispettare la potestà comunale di pianificazione e la necessaria coerenza con gli strumenti urbanistici approvati.

La legge regionale del Lazio n. 7/2017 e l’art. 4, comma 4

La legge regionale Lazio n. 7/2017, rubricata “Disposizioni per la rigenerazione urbana e il recupero edilizio”, aveva come obiettivo la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e la promozione della rigenerazione urbana in senso ampio, comprendente aspetti sociali, economici e ambientali.

In particolare, l’articolo 4, comma 4, prevedeva — in via transitoria — che determinati interventi di trasformazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso potessero essere autorizzati in deroga agli strumenti urbanistici e senza necessità di deliberazione consiliare.

Tale disposizione ha generato dubbi di legittimità costituzionale, poiché escludeva l’organo rappresentativo del Comune da decisioni che impattano profondamente sull’assetto del territorio.

La sentenza della Corte costituzionale n. 51/2025

Con la sentenza n. 51 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, della legge regionale del Lazio n. 7/2017. Secondo la Corte, la disposizione viola i principi costituzionali in materia di:

  • rispetto della potestà pianificatoria comunale;
  • principio di proporzionalità e giustificazione normativa dell’intervento legislativo;
  • coerenza con l’obiettivo dichiarato della legge regionale, che mira a una rigenerazione urbana integrata e non a una deregulation urbanistica.

La Corte ha osservato che, consentendo trasformazioni edilizie con mutamento di destinazione d’uso in assenza di valutazione consiliare, la norma regionale finiva per aggirare le scelte urbanistiche comunali, favorendo un possibile squilibrio tra sviluppo edilizio e sostenibilità territoriale.

Il ruolo centrale del Consiglio comunale nella pianificazione

La pronuncia della Corte ribadisce che la pianificazione urbanistica è una funzione centrale del Comune, che non può essere compressa o esautorata da disposizioni regionali derogatorie. In particolare:

  • il Consiglio comunale è l’organo deputato a esprimersi sulle varianti urbanistiche e sui mutamenti di destinazione d’uso rilevanti;
  • la partecipazione democratica alla gestione del territorio passa attraverso le scelte pianificatorie deliberate dall’organo elettivo del Comune.

Sottrarre tali decisioni alla sede consiliare significa indebolire il controllo democratico sulla trasformazione del territorio e rischiare una gestione frammentaria e non programmata dell’urbanistica.

I rischi di una pianificazione derogatoria e frammentata

La Corte ha evidenziato che l’autorizzazione “semplificata” di trasformazioni edilizie può comportare:

  • un aumento incontrollato del carico urbanistico, con effetti negativi su viabilità, servizi pubblici, ambiente;
  • una deviazione rispetto alla destinazione originaria di aree previste per funzioni sociali (es. istruzione, verde, assistenza);
  • una perdita di coerenza nel disegno urbanistico complessivo, che richiede invece visione d’insieme e bilanciamento tra interessi.

Il pericolo è quello di una frammentazione normativa, in cui ciascuna iniziativa edilizia viene autorizzata in deroga senza un vero coordinamento, svuotando di significato gli strumenti urbanistici generali e impedendo una pianificazione sostenibile.

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