Il termine nel testamento: disciplina, limiti e applicazioni

L’apposizione di un termine all’interno di un testamento rappresenta una delle modalità con cui il testatore può modulare gli effetti delle proprie disposizioni.

Sebbene il codice civile non dedichi al termine una disciplina organica e sistematica, come invece fa con la condizione, l’istituto presenta rilevanti implicazioni pratiche, specialmente in riferimento ai legati.

In questo articolo si analizza la natura del termine nel testamento, i limiti imposti dalla legge, e le conseguenze derivanti dalla sua applicazione, con approfondimenti sugli articoli 637, 640, 641 e 692 del codice civile.

Indice dei contenuti

  • Il termine testamentario: nozione e caratteristiche
  • Differenza tra termine iniziale e termine finale
  • Il principio “semel heres, semper heres” e l’art. 637 c.c.
  • Apposizione del termine nei legati
  • Limiti all’uso del termine e divieto di sostituzione fedecommissaria
  • Nullità del termine nelle istituzioni di erede
  • Effetti del termine sull’aspettativa del legatario
  • Obbligo di garanzia e nomina dell’amministratore ex artt. 640 e 641 c.c.
  • Il termine di efficacia e il termine del diritto: differenze concettuali

Il termine testamentario: nozione e caratteristiche

Il termine, quale elemento accidentale del testamento, può essere utilizzato dal testatore per determinare l’inizio o la cessazione dell’efficacia di una disposizione mortis causa.

Si tratta, dunque, di un elemento temporale che, diversamente dalla condizione, non è soggetto a incertezza, bensì fondato sulla certezza del verificarsi dell’evento futuro.

La sua funzione è delimitare nel tempo gli effetti della disposizione:

  • Termine iniziale: posticipa l’efficacia della disposizione a un momento futuro certo.
  • Termine finale: ne anticipa la cessazione a una data o evento prestabilito.

La forma del termine può consistere in una data (es. “1 maggio 2015”) oppure in un evento futuro certo (es. “il giorno della morte di Tizio”).

Differenza tra termine iniziale e termine finale

L’apposizione di un termine iniziale comporta che gli effetti della disposizione testamentaria abbiano inizio soltanto dal momento indicato, mentre il termine finale ne determina la cessazione a una data certa o al verificarsi di un evento sicuro.

Questa distinzione è particolarmente importante nella prassi testamentaria, in quanto definisce il periodo di titolarità del diritto riconosciuto al beneficiario.

Inoltre, a seconda che si tratti di termine iniziale o finale, si pongono differenti esigenze di tutela per il soggetto beneficiario.

Il principio “semel heres, semper heres” e l’art. 637 c.c.

Nel sistema successorio vigente, vige il principio della definitività dell’acquisto dello status di erede, riassunto nel brocardo semel heres, semper heres. In base a tale principio, non è ammessa un’acquisizione temporanea della qualità di erede.

L’art. 637 del codice civile sancisce espressamente che:

«Si considera non apposto a una disposizione a titolo universale il termine dal quale l’effetto di essa deve cominciare o cessare».

Questa norma esclude la possibilità di apporre un termine alle istituzioni di erede, confermando che il testatore può invece utilizzare il termine solo per le disposizioni a titolo particolare (i legati).

Se desideri approfondire l’argomento dell’erede universale, ti consiglio di leggere anche i seguenti articoli:
Erede universale | Significato| Testamento
Testamento olografo erede universale

Apposizione del termine nei legati

A differenza delle istituzioni di erede, il termine può essere validamente apposto a una disposizione a titolo particolare, cioè al legato. Ciò consente al testatore di modulare l’efficacia del legato in funzione di circostanze temporali certe.

Tuttavia, tale facoltà incontra una precisa limitazione: non è ammesso che il termine coincida con la morte del primo legatario e il successivo trasferimento del bene ad un altro legatario, perché in questo caso si realizzerebbe una sostituzione fedecommissaria, vietata ai sensi dell’art. 692 c.c.

Limiti all’uso del termine e divieto di sostituzione fedecommissaria

L’art. 692 c.c. vieta la sostituzione fedecommissaria, che consiste nella disposizione secondo cui il primo beneficiario è obbligato a conservare e trasmettere il bene a un secondo beneficiario dopo la propria morte.

Nel caso in cui, invece, il testatore apponga un termine finale alla disposizione a titolo particolare (legato), il diritto torna all’eredità alla scadenza del termine, senza che il primo beneficiario debba trasmetterlo attivamente. Questo meccanismo è considerato lecito, poiché non configura una sostituzione fedecommissaria.

Nullità del termine nelle istituzioni di erede

Se il testatore appone un termine iniziale o finale a una istituzione di erede, tale clausola è da considerarsi nulla. Tuttavia, non ne deriva la nullità dell’intera disposizione testamentaria.

Infatti, secondo il principio di conservazione della volontà testamentaria, è nulla solo la clausola accessoria (il termine), mentre la disposizione principale conserva efficacia. Un esempio utile è il seguente:

Se Tizio istituisce Caio erede per dieci anni e Sempronio per i successivi dieci, l’apposizione dei termini è nulla, e il testamento si interpreta come se Caio e Sempronio fossero stati istituiti eredi congiuntamente e in parti uguali.

Effetti del termine sull’aspettativa del legatario

Il beneficiario di un legato sottoposto a termine iniziale acquisisce un’aspettativa giuridicamente riconosciuta fin dal momento dell’apertura della successione, analogamente a quanto accade con la condizione sospensiva.

Allo stesso modo, il legatario cui è apposto un termine finale conserva il diritto fino alla scadenza e ha l’obbligo di amministrare il bene anche nell’interesse del successivo titolare, così come avviene in presenza di una condizione risolutiva.

Obbligo di garanzia e nomina dell’amministratore ex artt. 640 e 641 c.c.

Ai sensi degli artt. 640, comma 2, e 641, comma 2 c.c., nel caso in cui il diritto debba essere trasferito a un altro soggetto allo scadere del termine, il titolare temporaneo può essere obbligato a prestare una garanzia a tutela dell’interesse del successivo beneficiario.

Se il legatario si rifiuta di prestare la garanzia, il giudice può disporre la nomina di un amministratore estraneo con compiti di gestione del bene fino alla scadenza del termine.

Questa misura rafforza la tutela del diritto successivo e assicura la piena realizzazione della volontà testamentaria.

Il termine di efficacia e il termine del diritto: differenze concettuali

È opportuno distinguere il termine di efficacia della disposizione testamentaria dal termine apposto al diritto reale. Il primo incide sulla durata temporale della efficacia del legato, mentre il secondo riguarda la durata del diritto stesso, a prescindere dalla disposizione mortis causa.

Ad esempio, se nel patrimonio ereditario è presente un diritto di superficie per venti anni, la scadenza del termine incide solo sulla durata del diritto e non sull’acquisto della qualità ereditaria da parte del chiamato.

L’erede resta tale anche dopo la cessazione del diritto di superficie, poiché si tratta di un effetto legato al diritto reale di godimento e non alla struttura del testamento.

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