In questo articolo analizziamo nel dettaglio la revoca tacita del testamento, un istituto disciplinato dal codice civile che si realizza quando il testatore tiene una condotta incompatibile con la volontà precedentemente manifestata.
Nel nostro ordinamento, infatti, la volontà del testatore può essere modificata o eliminata non solo attraverso una revoca espressa, ma anche mediante comportamenti che fanno presumere l’intenzione di annullare le precedenti disposizioni.
Approfondiremo le ipotesi previste dagli articoli 682, 684, 685 e 686 del codice civile, evidenziando anche le implicazioni pratiche per i beneficiari e gli eredi coinvolti.
Indice dei contenuti
- Revoca tacita del testamento: definizione e caratteristiche
- Le ipotesi di revoca tacita previste dal codice civile
- Redazione di un testamento posteriore incompatibile (art. 682 c.c.)
- Distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo (art. 684 c.c.)
- Ritiro del testamento segreto (art. 685 c.c.)
- Alienazione o trasformazione del bene legato (art. 686 c.c.)
- La revoca tacita e la prova contraria
- La revoca tacita per testamento posteriore: analisi approfondita
- I testamenti contemporanei e le problematiche interpretative
- La distruzione del testamento olografo
- La volontarietà dell’atto di distruzione
- La distruzione del testamento redatto in duplice originale
- Il ritiro del testamento segreto
- Alienazione o trasformazione della cosa legata
- Il contenuto dell’art. 686 c.c.
- Alienazione da parte del rappresentante
- Le ipotesi di alienazione rilevanti
- Le ipotesi di trasformazione
Revoca tacita del testamento: definizione e caratteristiche
La revoca tacita del testamento si verifica quando il testatore pone in essere un comportamento che, pur non contenendo un’espressa volontà di revoca, lascia presumere la volontà di eliminare in tutto o in parte le precedenti disposizioni testamentarie.
Si tratta quindi di una revoca non dichiarata, ma dedotta da fatti concludenti, che si fonda su presunzioni legali.
Le ipotesi che integrano la revoca tacita sono previste espressamente dal legislatore e devono considerarsi tassative. Si tratta di presunzioni relative, il che significa che è sempre ammessa la prova contraria, ossia la possibilità per gli interessati di dimostrare che il testatore, pur ponendo in essere quel comportamento, non aveva l’intenzione di revocare le sue precedenti volontà.
Le ipotesi di revoca tacita previste dal codice civile
Redazione di un testamento posteriore incompatibile (art. 682 c.c.)
Ai sensi dell’art. 682 c.c., la redazione di un testamento posteriore che non revochi espressamente il precedente, ma contenga disposizioni incompatibili, comporta la revoca delle disposizioni anteriori.
L’incompatibilità può essere:
- Oggettiva, quando è impossibile eseguire contemporaneamente le due disposizioni.
- Soggettiva, quando, pur essendo astrattamente compatibili, il contesto mostra che il testatore ha inteso sostituire la prima volontà con la seconda.
Esempio: se Tizio in un primo testamento lega a Caio un bene e in un successivo testamento lo attribuisce a Sempronio, si presume che il legato di Caio sia stato tacitamente revocato.
Distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento olografo (art. 684 c.c.)
L’art. 684 c.c. prevede che, se il testatore distrugge, lacera o cancella in tutto o in parte il testamento olografo, questo si considera revocato, in tutto o in parte, a meno che non si provi:
- che l’atto è stato compiuto da un terzo;
- oppure che il testatore non aveva intenzione di revocare il testamento.
In questa ipotesi, la volontà di revoca si presume dal gesto materiale, anche se non espressamente dichiarato.
Ritiro del testamento segreto (art. 685 c.c.)
Ai sensi dell’art. 685 c.c., il ritiro del testamento segreto dalle mani del notaio o dell’archivista depositario da parte del testatore comporta la revoca del testamento, salvo che la scheda testamentaria valga come testamento olografo.
In questo caso, la revoca deriva direttamente dalla legge ed è configurabile come un atto giuridico in senso stretto: non è necessario che il testatore abbia voluto revocare, ma è sufficiente il fatto del ritiro.
Alienazione o trasformazione del bene legato (art. 686 c.c.)
L’art. 686 c.c. regola la revoca tacita del legato. Il comportamento dispositivo del testatore può implicare la volontà di revocare una disposizione a titolo particolare.
In particolare:
- Se il testatore aliena la cosa legata, anche parzialmente o con patto di riscatto, il legato si considera revocato per la parte alienata.
- Se la cosa viene trasformata in modo da perdere la forma o destinazione originaria, il legato è parimenti revocato.
Anche in questo caso, la legge consente la prova contraria per dimostrare l’assenza della volontà di revocare.
La revoca tacita e la prova contraria
Tutte le ipotesi di revoca tacita, ad eccezione del ritiro del testamento segreto, rientrano nella categoria dei negozi presunti, ossia atti giuridici nei quali si presume l’esistenza della volontà revocatoria.
Tuttavia, si tratta di presunzioni relative, per cui gli interessati possono fornire prova contraria, dimostrando che il comportamento non era volto alla revoca.
Questa possibilità rappresenta una garanzia per i beneficiari del testamento, i quali possono far valere la validità delle disposizioni originarie ove riescano a dimostrare che la revoca non era effettivamente voluta.
La revoca tacita per testamento posteriore: analisi approfondita
La revoca tacita più frequente è quella che deriva dalla redazione di un testamento successivo incompatibile.
L’art. 682 c.c. afferma che, anche in assenza di una revoca espressa, le disposizioni incompatibili del testamento precedente si intendono annullate.
Questa ipotesi rappresenta un vero e proprio negozio di revoca presunta, in cui il testatore manifesta una volontà nuova che si pone in contrasto con la precedente.
Esempi pratici
- Tizio lega a Filano la sua collezione di francobolli e, in un successivo testamento, la attribuisce a Sempronio. La prima disposizione si considera revocata.
- Se invece Tizio lega a Filano la collezione e a Mevio l’auto, poi in un nuovo testamento attribuisce la sola collezione a Sempronio, il legato a Mevio resta valido, in quanto compatibile con la nuova volontà.
La regola generale è la conservazione delle disposizioni compatibili, in coerenza con il principio della conservazione della volontà testamentaria.
Incompatibilità soggettiva e oggettiva
- Oggettiva: quando l’esecuzione simultanea delle disposizioni è impossibile.
- Soggettiva: quando la volontà del testatore, desumibile dal contesto, rivela l’intenzione di sostituire una disposizione con un’altra.
Natura giuridica della revoca
Secondo l’orientamento prevalente, si tratta di una revoca vera e propria, e non di semplice inefficacia:
l’incompatibilità non è un dato solo oggettivo, ma è rilevante nella misura in cui manifesta la volontà del testatore di revocare, anche tacitamente.
I testamenti contemporanei e le problematiche interpretative
La revoca tacita presuppone sempre una successione temporale tra due testamenti. Tuttavia, possono sorgere problemi quando i testamenti risultano contemporanei, cioè datati lo stesso giorno senza indicazione dell’ora.
In questi casi:
- se i contenuti dei testamenti sono compatibili, producono entrambi effetti.
- se i contenuti sono incompatibili e non è possibile stabilire quale testamento è stato redatto per ultimo, entrambi restano privi di effetti per le disposizioni incompatibili. Si salvano solo quelle compatibili.
Il principio che guida l’interpretazione è sempre la certezza della volontà del testatore: nel dubbio, non si presume la revoca, ma si privilegia la disposizione che non risulta evidentemente superata da un’altra.
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La distruzione del testamento olografo
Un comportamento che può implicare la revoca tacita del testamento olografo è la sua distruzione, lacerazione o cancellazione.
Tali ipotesi sono espressamente disciplinate dall’art. 684 c.c., il quale stabilisce che:
«Il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera in tutto o in parte revocato, a meno che si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, ovvero si provi che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo».
La norma prevede una presunzione relativa di revoca: distruggere la scheda testamentaria fa presumere la volontà del testatore di non voler più dare effetto a quel documento, ma è sempre ammessa prova contraria.
Ad esempio, se Tizio ha redatto un testamento olografo con il quale istituisce Caio suo unico erede, ma successivamente getta la scheda nel fuoco, si presume che Tizio abbia inteso revocare quel testamento. Tuttavia, gli interessati possono dimostrare che la distruzione non era finalizzata alla revoca.
L’art. 684 c.c. fornisce un’elencazione tassativa degli atti materiali che comportano revoca tacita:
- distruzione del testamento;
- lacerazione della scheda;
- cancellazione, anche parziale, del contenuto.
Non rientrano nella previsione altri comportamenti similari ma non espressamente contemplati, come ad esempio lo spiegazzamento del foglio o l’occultamento.
Tuttavia, si ritiene che l’irreperibilità del testamento olografo possa essere equiparata alla sua distruzione, in quanto è lecito presumere che sia stato volontariamente eliminato dal testatore.
La volontarietà dell’atto di distruzione
Affinché il testamento possa considerarsi revocato, la distruzione deve essere volontaria e posta in essere dallo stesso testatore.
Non produce effetto di revoca, dunque, la distruzione accidentale o quella compiuta da terzi senza il consenso dell’autore del testamento.
Si ammette, però, che il testatore possa farsi materialmente aiutare da un terzo, come nel caso di una persona malata o impossibilitata a muoversi, che chieda a un familiare o a un’infermiera di distruggere la scheda: in tale situazione, la volontà rimane personale, e il terzo agisce solo come ausiliario materiale.
Proprio perché si manifesta attraverso un comportamento concludente, la distruzione volontaria del testamento viene interpretata come un negozio giuridico presunto: un atto unilaterale e personale con cui il testatore manifesta tacitamente la volontà di revocare il proprio testamento.
La distruzione del testamento redatto in duplice originale
Una particolare ipotesi si presenta nel caso in cui il testatore rediga due esemplari identici del proprio testamento. In tal caso, la distruzione di una sola scheda non equivale a revoca, se l’altra rimane integra.
Infatti, la mancata distruzione del secondo originale costituisce prova della volontà del testatore di mantenere efficaci le disposizioni contenute.
Pertanto, per ritenere validamente revocato un testamento olografo redatto in duplice originale, è necessario che entrambi gli esemplari siano distrutti, lacerati o cancellati.
Diverso è il caso della revoca espressa o di quella tacita derivante dalla redazione di un nuovo testamento incompatibile con il precedente, oppure dall’alienazione o trasformazione dei beni oggetto di disposizione.
In tali casi, l’incompatibilità tra le disposizioni prevale, e le volontà contenute nel testamento originario risultano superate.
Il ritiro del testamento segreto
Un’ulteriore ipotesi di revoca tacita è prevista con riferimento al testamento segreto, qualora il testatore proceda al ritiro della scheda testamentaria depositata presso il notaio o l’archivista. In tal senso, l’art. 685 c.c. stabilisce:
«Il ritiro del testamento segreto a opera del testatore, dalle mani del notaio o dell’archivista presso cui si trova depositato, non importa revocazione del testamento quando la scheda testamentaria può valere come testamento olografo».
La revoca non si fonda qui su un comportamento concludente, ma sul venir meno dei requisiti formali richiesti per la validità del testamento segreto. Tuttavia, qualora la scheda ritirata presenti i requisiti dell’art. 602 c.c. (autografia, sottoscrizione e data), potrà comunque avere validità come testamento olografo.
Ai fini della revoca, è essenziale che il ritiro sia compiuto dal testatore stesso, anche con forme diverse da quelle previste dall’art. 608 c.c., purché emerga chiaramente la volontà di ottenere la restituzione della scheda dal depositario. Non integra invece revoca il ritiro fraudolento compiuto da un terzo.
A differenza della distruzione del testamento olografo, il ritiro del testamento segreto non costituisce un negozio giuridico, bensì un mero atto giuridico, la cui efficacia si ricollega esclusivamente al difetto di forma. Le disposizioni testamentarie divengono inefficaci non per volontà revocatoria del testatore, ma per assenza di requisiti legali, salvo che la scheda possa valere come testamento olografo.
Alienazione o trasformazione della cosa legata
L’ultima ipotesi di revoca tacita disciplinata dal legislatore riguarda esclusivamente le disposizioni testamentarie a titolo particolare, ossia i legati.
Essa non si applica alle istituzioni di erede. La ratio è semplice: qualora il testatore proceda ad alienare o trasformare un bene precedentemente oggetto di legato, ciò evidenzia la sua volontà di modificare la destinazione del bene stesso, con conseguente revoca implicita della disposizione testamentaria.
Un esempio tipico si ha quando il testatore, dopo aver disposto in favore di un soggetto (ad esempio, Filano) la proprietà del fondo Tuscolano, vende tale fondo a un terzo (Sempronio).
In questo caso, la revoca del legato si produce per effetto dell’alienazione.
Il contenuto dell’art. 686 c.c.
La disciplina è espressamente prevista dall’art. 686 del codice civile, che dispone:
- Comma 1: «L’alienazione che il testatore faccia della cosa legata o di parte di essa, anche mediante vendita con patto di riscatto, revoca il legato riguardo a ciò che è stato alienato, anche quando l’alienazione è annullabile per cause diverse dai vizi del consenso, ovvero la cosa ritorna in proprietà del testatore».
- Comma 2: «Lo stesso avviene se il testatore ha trasformato la cosa legata in un’altra, in guisa che quella abbia perduto la precedente forma e la primitiva denominazione».
- Comma 3: «È ammessa la prova di una diversa volontà del testatore».
Il principio sotteso è che, al momento della morte, il bene legato non sia più presente nel patrimonio del testatore, il che lascia presumere la volontà di revocare il legato.
Tuttavia, si tratta pur sempre di una presunzione che può essere superata con prova contraria. Se, infatti, si dimostra che il testatore, pur avendo alienato o trasformato il bene, non intendeva revocare la disposizione, il legato può rimanere efficace.
Alienazione da parte del rappresentante
La validità della revoca per alienazione sussiste anche quando l’atto di disposizione è compiuto da un rappresentante.
Tuttavia, è essenziale distinguere tra:
- a) Rappresentanza volontaria con incarico specifico: se il rappresentante agisce in forza di una procura conferita per alienare proprio il bene oggetto del legato, si ritiene che la volontà del testatore si estenda anche alla revoca del legato. Il principio dell’atto personalissimo non viene violato, poiché la revoca consegue all’alienazione, che è effetto di una volontà già espressa dal testatore tramite la procura.
- b) Rappresentanza con incarico generico: se l’incarico conferito al rappresentante è generico (ad esempio, la vendita di un insieme di beni), e non riguarda espressamente il bene legato, non può desumersi automaticamente la volontà di revocare il legato, venendo meno il collegamento diretto tra volontà del testatore e alienazione del bene.
Le ipotesi di alienazione rilevanti
Con il termine “alienazione” si intende ogni forma di cessione del bene legato, sia a titolo oneroso (come la vendita o la permuta) che a titolo gratuito (ad esempio, la donazione).
La revoca tacita si produce solo se si tratta di alienazione volontaria, e quindi compiuta dal testatore o da un rappresentante autorizzato.
Ai fini dell’efficacia della revoca, l’alienazione deve produrre effetti traslativi: non sono idonee a determinare la revoca né le vendite condizionate sospensivamente né le vendite con riserva della proprietà, finché la condizione non si verifica o il prezzo non viene integralmente pagato.
Il fondamento della revoca si basa, infatti, su un evento certo e definitivo, non su un fatto incerto o potenziale.
Va precisato che, sebbene il bene dovesse ritornare nel patrimonio del testatore prima della sua morte, la revoca si considera comunque avvenuta: ciò che rileva è l’effettiva uscita del bene dal patrimonio, anche solo temporanea.
Inoltre, la revoca tacita opera anche in caso di:
- Alienazione parziale quantitativa: ad esempio, quando viene venduta solo una quota del bene legato;
- Alienazione parziale qualitativa: come nel caso della costituzione di un diritto reale minore (usufrutto, servitù, ecc.).
In tali ipotesi, il legato resta efficace nella parte residua.
Le ipotesi di trasformazione
La revoca tacita del legato si verifica anche nei casi di trasformazione del bene, purché volontaria e sostanziale.
Il concetto di trasformazione, ai sensi dell’art. 686, riguarda ogni mutamento significativo della cosa legata che ne alteri la funzione o destinazione economico-sociale.
Un esempio utile: se il fondo Tuscolano è coltivato a vigneto al momento della redazione del testamento e successivamente il testatore decide di sostituire la coltura con una piantagione di ulivi, tale modifica volontaria e radicale costituisce una trasformazione idonea a revocare il legato.
Diversamente, non si ha revoca se il mutamento è indipendente dalla volontà del testatore, come accade in caso di variazione della destinazione urbanistica del fondo (es. da agricolo a edificabile) per effetto di una modifica del piano regolatore, qualora permanga invariata l’utilizzazione concreta del bene.
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