Patto commissorio e mutuo: il preliminare può dissimularlo

Il patto commissorio è vietato dal nostro ordinamento in quanto strumento idoneo a realizzare una coercizione illecita ai danni del debitore.

Secondo una recente pronuncia della Corte di Cassazione (ordinanza n. 15654 del 12 giugno 2025), anche un contratto preliminare di compravendita può celare un mutuo con patto commissorio, quando esista un nesso funzionale tra la promessa di vendita e l’obbligo di restituzione di una somma mutuata.

L’interpretazione della norma non può essere meramente formale, ma deve seguire un criterio funzionale e sostanziale, volto a garantire una maggiore tutela del debitore e a evitare che si eludano i divieti posti a presidio della par condicio creditorum.

Indice dei contenuti:

  • Il divieto del patto commissorio: fondamento e funzione
  • Interpretazione funzionale del divieto: la giurisprudenza della Cassazione
  • Contratto preliminare come strumento di garanzia: quando cela un patto commissorio
  • La simulazione come causa petendi: rilevanza ai fini della prova
  • Prova del patto commissorio dissimulato: applicazione dell’art. 1417 c.c.
  • La vicenda processuale e la decisione della Cassazione

Il divieto del patto commissorio: fondamento e funzione

Il patto commissorio è vietato dall’art. 2744 c.c., il quale dispone che:

E’ nullo il patto col quale si conviene che, in mancanza del pagamento del credito nel termine fissato, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno passi al creditore. Il patto e’ nullo anche se posteriore alla costituzione dell’ipoteca o del pegno.

La ratio del divieto consiste nell’esigenza di impedire che il creditore possa, mediante un accordo preventivo, appropriarsi direttamente del bene del debitore in caso di inadempimento, eludendo così le regole ordinarie di esecuzione forzata e le garanzie poste a tutela del debitore e degli altri creditori.

Il divieto ha quindi una duplice finalità:

  • Proteggere il debitore da forme di pressione indebita o da situazioni di soggezione economica;
  • Garantire la parità di trattamento fra tutti i creditori (par condicio creditorum), impedendo al singolo creditore di assicurarsi un vantaggio illecito.

Interpretazione funzionale del divieto: la giurisprudenza della Cassazione

L’ordinanza della Corte di Cassazione n. 15654 del 12 giugno 2025 ribadisce l’approccio funzionale all’interpretazione del patto commissorio, discostandosi da una lettura meramente letterale della norma. Secondo la Suprema Corte:

“[…] il patto commissorio, posto dalla citata disposizione, da interpretarsi non secondo un criterio formalistico e strettamente letterale, ma secondo un criterio ermeneutico e funzionale, finalizzato ad una più efficace tutela del debitore e ad assicurare la par condicio creditorum, sì da contrastare l’attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli legali (Cass., Sez. 2, 19/5/2004, n. 9466), riguarda qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegata per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, dell’ illecitacoercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito (Cass., Sez. 2, 14/05/2024, n. 13120; Cass., Sez. 3, 25/01/2024, n. 2469), sicché anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi (Cass., Sez. 6 – 2, 09/10/2017, n. 23617 ; Cass., Sez. 2, 23/10/1999 , n. 11924).

Ne deriva che, per accertare la nullità del patto commissorio, non rileva la forma che il negozio giuridico assume, bensì il suo contenuto sostanziale e la sua funzione economica.

Ciò comporta che anche convenzioni atipiche o strutturate formalmente come contratti diversi dal mutuo (ad esempio, una compravendita o un preliminare) possano in concreto celare un patto commissorio vietato.

Contratto preliminare come strumento di garanzia: quando cela un patto commissorio

Nell’ordinanza del 2025, la Cassazione chiarisce che anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio. Questo si verifica quando:

  • Il promittente compratore ha precedentemente o contemporaneamente mutuato una somma al promittente venditore;
  • La promessa di vendita dell’immobile ha la funzione di garantire la restituzione di tale somma entro un termine determinato;
  • L’inadempimento del debitore si traduce nell’acquisto definitivo del bene da parte del creditore.

In presenza di questi elementi, e a condizione che sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi (mutuo e preliminare), la convenzione è nulla per violazione del divieto di patto commissorio.

È irrilevante, ai fini dell’accertamento, che il contratto non preveda il passaggio immediato del possesso o della proprietà del bene: ciò che conta è l’effetto concreto perseguito dalle parti, ossia la possibilità che il creditore si appropri del bene in caso di mancato rimborso del prestito.

La simulazione come causa petendi: rilevanza ai fini della prova

La Cassazione precisa che, in questi casi, la simulazione costituisce causa petendi, ovvero il fatto che consente di qualificare il contratto come dissimulante un patto commissorio.

Non si tratta di dedurre semplicemente una diversa qualificazione giuridica del contratto, ma di denunciare la presenza di un accordo simulatorio diretto a mascherare la reale natura del rapporto.

La simulazione, dunque, è posta a fondamento dell’azione di nullità per violazione dell’art. 2744 c.c., e legittima l’utilizzo di strumenti probatori altrimenti non ammessi, secondo quanto previsto dall’art. 1417 c.c.

Prova del patto commissorio dissimulato: applicazione dell’art. 1417 c.c.

Ai sensi dell’art. 1417 c.c., la simulazione può essere provata per testimoni o per presunzioni, anche quando la legge vieterebbe la prova testimoniale. La norma recita:

La prova per testimoni della simulazione e’ ammissibile senza limiti, se la domanda e’ proposta da creditori o da terzi e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se e’ proposta dalle parti.

Pertanto, il soggetto che agisce per ottenere la dichiarazione di nullità del contratto simulato, in quanto contenente un patto commissorio, potrà ricorrere a presunzioni, indizi, dichiarazioni testimoniali, documentazione accessoria e qualsiasi altro elemento probatorio utile a dimostrare la natura simulata del contratto preliminare.

La vicenda processuale e la decisione della Cassazione

La pronuncia in commento trae origine da una vicenda giudiziaria in cui A.F. conveniva in giudizio L.G. e D.D.V. dinanzi al Tribunale di Napoli, al fine di ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., volta al trasferimento della proprietà degli immobili oggetto di un contratto preliminare di compravendita.

Il Tribunale accolse la domanda e la Corte d’Appello di Napoli confermò integralmente la sentenza di primo grado. Tuttavia, la parte soccombente (D.D.V.) propose ricorso per cassazione, contestando la validità del contratto in quanto dissimulante un patto commissorio.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo che la Corte territoriale non avesse adeguatamente considerato la possibile natura simulata del contratto preliminare.

La Suprema Corte ha ribadito che, quando il preliminare cela un mutuo garantito da una promessa di vendita strumentale, si configura una violazione del divieto sancito dall’art. 2744 c.c., a nulla rilevando la forma apparente del contratto.

La sentenza pertanto conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’effettiva funzione economica dell’accordo, e non la sua veste formale, è decisiva per l’accertamento del patto commissorio.

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