Il mandato post mortem rappresenta il contratto mediante il quale un soggetto (c.d. mandante) incarica un altro soggetto (c.d. mandatario) affinché questi compia una determinata attività successivamente alla morte del mandante.
Sebbene l’art. 1722 c.c. stabilisca, nell’ambito della disciplina generale del contratto di mandato, l’estinzione del mandato alla morte di una delle parti, alcune tipologie di mandato possono derogare a questa regola.
Questo approfondimento analizza le tre principali tipologie di mandato post mortem, evidenziandone la disciplina e i limiti di validità.
Indice dei contenuti:
- Il mandato mortis causa o post mortem
- Il mandato post mortem exequendum
- Il mandato post mortem in senso stretto
- Conclusioni sul mandato post mortem
Il mandato mortis causa o post mortem
Il mandato mortis causa o post mortem si configura come un contratto in cui il mandante incarica il mandatario di compiere, dopo la sua morte, atti dispositivi del proprio patrimonio.
Tale fattispecie integra un negozio mortis causa vietato, in quanto costituisce evidente espressione di un patto successorio istitutivo vietato dall’art. 458 c.c.
Con il mandato mortis causa (o post mortem) le parti , infatti, utilizzano lo schema del contratto di mandato per regolare effetti successori, pertanto è nullo.
Esempio di mandato mortis causa o post mortem:
Tizio incarica Caio di trasferire la proprietà di un immobile a Sempronio al momento del proprio decesso. Tale disposizione, essendo un’attribuzione patrimoniale post mortem, viola il divieto di patti successori istitutivi sancito dal legislatore.
Il mandato post mortem exequendum
Il mandato post mortem exequendum, al contrario, è una fattispecie valida, in quanto il mandatario è chiamato a svolgere attività meramente materiali e non giuridiche per conto del mandante.
In questo caso, quindi, non si configura una violazione del divieto dei patti successori.
Esempio di mandato post mortem exequendum:
Un caso tipico è quello in cui Tizio incarichi Caio di vendere un immobile durante la propria vita, stabilendo che la consegna delle chiavi all’acquirente avvenga solo dopo la sua morte.
Analogamente, Tizio potrebbe affidare a Caio l’organizzazione della propria sepoltura o la celebrazione di messe in suffragio. Queste attività, essendo meramente materiali e non patrimoniali, non producono effetti dispositivi sul patrimonio e sono pertanto lecite.
Il mandato post mortem in senso stretto
Il mandato post mortem in senso stretto si differenzia per la sua struttura: è un atto unilaterale, non contrattuale, che prevede l’incarico di un soggetto di svolgere attività materiali o giuridiche dopo la morte del mandante.
Pur impropriamente denominato “mandato”, non rientra nella disciplina contrattuale dell’art. 1703 c.c. ed è considerato valido.
Esempio di mandato post mortem in senso stretto:
Tizio può disporre che Caio curi la sua sepoltura attraverso un atto unilaterale. Oppure, potrebbe incaricare un terzo di redigere un progetto divisionale secondo l’art. 733, comma 2, c.c. o, ancora, affidare ad un esecutore testamentario il compito di amministrare i beni ereditari, come previsto dall’art. 703 c.c.
Conclusioni sul mandato post mortem
Il confine tra mandato post mortem valido ed invalido è indubbiamente sottile.
In sintesi possiamo affermare che il mandato post mortem che non viola il divieto di patti successori è solamente quello che ha ad oggetto il compimento di attività meramente materiali e non giuridiche.
Risulta altresì valido il c.d. mandato post mortem in senso stretto, in quanto non vero mandato ma negozio unilaterale.
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