Il diritto di prelazione agraria costituisce un diritto di prelazione legale a favore di determinate categorie di soggetti, disciplinato da due norme: l’art. 8 della legge n. 590/1965 ( c.d. prelazione del coltivatore diretto) e l’art. 7 della legge n. 817/1971 (c.d. prelazione del confinante).
In questo articolo analizzeremo in dettaglio le caratteristiche e la disciplina della prelazione agraria.
La prelazione in generale
In generale, per “prelazione” si intende il diritto di un soggetto – proveniente da un atto di autonomia privata (prelazione volontaria) o dalla legge (prelazione legale) – ad essere preferito agli altri soggetti, a parità di condizioni, nella conclusione di un determinato contratto.
La prelazione non implica, tuttavia, l’obbligo di giungere alla conclusione di quel determinato contratto. In altri termini, colui che concede il diritto di prelazione sull’acquisto di un suo determinato bene non è in alcun modo costretto a venderlo.
Il diritto di prelazione, dunque, comporta il favorire un soggetto qualora si decida di stipulare un contratto ed in nessun caso costringe alla conclusione di quel determinato contratto.
Come sopra accennato, il diritto di prelazione può nascere da due fonti:
- da un atto di autonomia privata (prelazione volontaria)
- dalla legge (prelazione legale)
La prelazione volontaria non è disciplinata dal Codice civile ma la sua legittimità è pacificamente riconosciuta nel nostro ordinamento tanto dalla dottrina che dalla giurisprudenza.
Quanto alla natura giuridica, si ritiene che la prelazione volontaria costituisca una convenzione atipica ai sensi dell’art. 1322 comma 2 c.c., quindi un vero e proprio contratto.
Rispetto al contenuto del patto di prelazione, si afferma che esso sia costituito da un duplice obbligo:
- un obbligo positivo di conclusione del contratto a parità di condizioni
- un obbligo negativo di non concludere il contratto con persone diverse rispetto al beneficiario del diritto di prelazione (c.d. prelazionario).
Le prelazioni legali, come intuibile, sono quelle previste e disciplinate da specifiche norme di legge. Le principali ipotesi di prelazione legale nel nostro ordinamento (oltre a quella agraria) sono:
- prelazione dei beni culturali
- urbana
- prelazione ereditaria (c.d. retratto successorio)
La prelazione agraria
Ricordando quanto detto il premessa, la prelazione agraria è regolata da due norme distinte, che provengono, tra l’altro, da due leggi differenti.
Entrambe le forme di prelazione agraria appartengono alle così dette “prelazioni preventive“: l’esercizio ovvero il mancato esercizio da parte del beneficiario del diritto di prelazione si deve verificare prima della conclusione del contratto di trasferimento cui sono legate.
Al contrario, un esempio tipico di prelazione legale con meccanismo “successivo” è dato dalla prelazione dei beni culturali (detta anche “prelazione artistica”) la quale si attiva successivamente alla stipulazione dell’atto avente ad oggetto beni culturali.
Analizziamo ora le due forme di prelazione agraria.
La prelazione del coltivatore diretto
La prelazione agraria a favore del coltivatore diretto è disciplinata dall’art. 8 della legge n. 590 del 1965, il quale dispone che:
In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l’affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.
Quindi i presupposti individuati dalla norma per l’operatività della prelazione del coltivatore diretto sono:
- trasferimento a titolo oneroso del fondo (è esclusa quindi la donazione)
- l’affittuario deve rivestire la qualifica di coltivatore diretto
- la coltivazione deve avvenire in forza di regolare contratto agrario (si veda sul punto: Cassazione n. 4799/2006)
- il coltivatore diretto deve coltivare il terreno oggetto di trasferimento da almeno 2 anni
- coltivatore non deve aver venduto nei 2 anni precedenti altri fondi rustici (per evitare speculazioni).
Il proprietario del terreno deve pertanto notificare con lettera raccomandata al coltivatore diretto che vanta un diritto derivante da contratto agrario sul fondo agricolo la propria intenzione di vendere il terreno suddetto trasmettendo contestualmente il contratto preliminare di compravendita. In quest’ultimo devono essere indicati:
- il nome dell’acquirente
- il prezzo concordato
- le altre clausole
- l’invito ad esercitare il diritto di prelazione entro 30 giorni dalla notifica.
La prelazione del coltivatore diretto affittuario, tuttavia, non opera in caso di:
- permuta;
- di vendita forzata;
- di liquidazione coatta;
- fallimento;
- espropriazione per pubblica utilità.
La finalità posta alla base del diritto di prelazione agraria dell’affittuario è quello di riunire nella stessa persona l’esercizio dell’attività agraria ed il diritto di proprietà sul terreno.
La prelazione agraria del confinante
La seconda norma che disciplina la prelazione legale agraria (c.d. del confinante) è data dall’art. 7 della legge n. 817 del 1971, il quale dispone che:
Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell’art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l’esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.
Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:
1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l’entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;
2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti;
2-bis) all’imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti o enfiteuti coltivatori diretti.
Pertanto la prelazione agraria spetta in presenza (congiunta) dei seguenti requisiti:
- contiguità dei fondi;
- appartenenza del fondo confinante ad un coltivatore diretto
- il fondo posto in vendita non deve essere concesso in affitto.
Quanto all’ultimo requisito, la presenza sul fondo oggetto della vendita di un affittuario coltivatore diretto esclude la prelazione del confinante anche qualora l’affittuario rinunci al proprio diritto di prelazione. Ciò ha trovato costante conferma nelle pronunce della giurisprudenza di legittima (in particolare si vedano: Corte di cassazione. n. 2690/2003 e n. 8369/2005).
Si ritiene che la ratio alla base di questo diritto di prelazione legale derivi dalla volontà del legislatore di favorire l’accorpamento dei fondi al fine di incrementare la produttività delle colture.
Concorso tra le due prelazioni
Si tratta di una delle principali problematiche delle prelazioni agrarie. Cosa succede qualora sussistano tutti i presupposti: si applicano entrambe? C’è un ordine di preferenza? La presenza di una esclude l’altra?
Si ritiene che le prelazioni agrarie operino solo alternativamente tra loro e che, in particolare, la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della prelazione in favore del coltivatore diretto affittuario (la prima ipotesi analizzata) escluda la prelazione agraria del confinante.
In caso di rinuncia al diritto di prelazione da parte del coltivatore diretto affittuario del fondo, si applica la prelazione agraria del confinante?
La risposta purtroppo è negativa. La Corte di cassazione ha affermato che la prelazione dell’affittuario esclude quella del coltivatore diretto proprietario del fondo confinante.
In altri termini, la sussistenza dei presupposti della prelazione ex art. 8 della legge 590/1965 preclude totalmente la possibile applicazione della prelazione ex art. 7 della legge 817/1971.
Definizione di coltivatore diretto
Cosa si intende a livello normativo per “coltivatore diretto” viene indicato dall’art. 31 della stessa legge 590/1965, la quale dispone che:
Ai fini della presente legge sono considerati coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all’allevamento ed al governo del bestiame, sempreché la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per la normale necessità della coltivazione del fondo e per l’allevamento ed il governo del bestiame.
Forma, contenuto e natura giuridica della denuntiatio
Il comma 4 dell’art. 8 L. 590/1975 in merito alla forma ed al contenuto della comunicazione che il proprietario del terreno deve fare al beneficiario del diritto di prelazione agraria, afferma che:
Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione
trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell’acquirente,
il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l’eventualità della prelazione 6 .
Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni.
Quanto alla natura giuridica della denuntiatio, secondo l’opinione prevalente essa costituirebbe una vera e propria proposta (per alcuni irrevocabile) ed in quanto tale dovrebbe essere il più completa possibile. Conseguentemente, l’adesione da parte del prelazionario costituirebbe accettazione della proposta.
In ogni caso, la denuntiatio deve essere conforme alla proposta fatta dal terzo.
Le conseguenze in caso di violazione del diritto di prelazione
Nel caso in cui il proprietario del fondo non metta al corrente il prelazionario della possibilità di esecitare il suo diritto, il beneficiario della prelazione agraria entro 1 anno dal trasferimento del terreno (più precisamente dalla trascrizione) può riscattare il fondo dal primo acquirente e da tutti gli ulteriori (eventuali) sub-acquirenti.
Il comma 5 dell’art. 8 L. 590/1975 dispone infatti che:
Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l’avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
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