Fondo patrimoniale | Guida legale completa

Il fondo patrimoniale è uno strumento previsto dagli articoli 167 e seguenti del codice civile, attraverso cui i coniugi (o un terzo) possono destinare determinati beni a soddisfare i bisogni della famiglia.

Rappresenta una forma tipica di patrimonio di destinazione e una delle principali eccezioni al principio della responsabilità patrimoniale ex art. 2740 c.c.

L’articolo analizza in modo esaustivo la struttura, la costituzione, l’oggetto, gli effetti, l’amministrazione e la cessazione del fondo patrimoniale, con ampio riferimento alla normativa e alla prassi.

La trattazione tiene conto delle problematiche più rilevanti emerse in dottrina e giurisprudenza, offrendo un approfondimento professionale adatto sia per l’applicazione concreta che per lo studio teorico.

Indice dei contenuti

  • Natura giuridica e funzione del fondo patrimoniale
    • Un patrimonio di scopo
    • Necessità della determinazione dei beni
  • Costituzione del fondo patrimoniale
    • Costituzione per atto tra vivi
    • Costituzione ad opera di un solo coniuge
    • Costituzione ad opera di entrambi i coniugi
    • Costituzione ad opera di un terzo
    • Costituzione per testamento
      • Legato diretto
      • Legato modale e obbligatorio
      • Costituzione a titolo ereditario
  • Oggetto del fondo patrimoniale
    • Immobili, mobili registrati e titoli di credito
    • Beni particolari: nuda proprietà, usufrutto, superfici, quote, azioni, azienda
  • Amministrazione del fondo patrimoniale
    • Regime ordinario
    • Atti di straordinaria amministrazione
    • Derogabilità delle condizioni previste dall’art. 169 c.c.
  • Opponibilità ai terzi e pubblicità del fondo patrimoniale
    • Art. 162 c.c. e pubblicità nei registri
    • Art. 170 c.c. e tutela del credito
    • Azione revocatoria e art. 2929-bis c.c.
    • Rilevanza penale ex art. 11 D.Lgs. 74/2000
  • Cessazione del fondo patrimoniale
    • Casi previsti dall’art. 171 c.c.
    • Scioglimento consensuale
    • Presenza di figli minori e ruolo del giudice tutelare

Natura giuridica e funzione del fondo patrimoniale

Il fondo patrimoniale, disciplinato dagli artt. 167 e seguenti del codice civile, consiste nella costituzione di un patrimonio separato, destinato a soddisfare i bisogni della famiglia.

Ai sensi dell’art. 167, comma 1, c.c., “ciascuno o ambedue i coniugi, per atto pubblico, o un terzo, anche per testamento, possono costituire un fondo patrimoniale, destinando determinati beni, immobili o mobili iscritti in pubblici registri o titoli di credito, a far fronte ai bisogni della famiglia”.

Questa configurazione introduce una segregazione patrimoniale, ossia una separazione giuridica dei beni inseriti nel fondo dal resto del patrimonio dei coniugi.

I beni così vincolati non rispondono delle obbligazioni contratte dai coniugi se non in funzione dei bisogni familiari (art. 170 c.c.). Tale deroga al principio generale sancito dall’art. 2740 c.c. è ammessa solo in presenza di previsioni esplicite, come nel caso appunto del fondo patrimoniale.

Un patrimonio di scopo

La destinazione ai bisogni della famiglia è l’elemento centrale del fondo patrimoniale. In tal senso, esso si distingue da altri istituti simili, come:

  • il trust interno;
  • i vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c.;
  • i patrimoni destinati a uno specifico affare (art. 2447-bis c.c.).

Tutti questi strumenti operano una deroga alla regola secondo cui il patrimonio personale risponde delle obbligazioni contratte, in modo indistinto. Il fondo patrimoniale, invece, circoscrive la responsabilità patrimoniale a determinate finalità.

Necessità della determinazione dei beni

Elemento imprescindibile della validità del fondo è la determinazione dei beni oggetto della destinazione. Non è ammissibile un fondo patrimoniale genericamente riferito a beni futuri o indeterminati, pena l’inopponibilità a terzi e la nullità della destinazione.

Costituzione del fondo patrimoniale

Costituzione per atto tra vivi

La costituzione può avvenire:

  • da parte di uno o entrambi i coniugi;
  • da parte di un terzo, anche estraneo alla famiglia.

La costituzione per atto tra vivi richiede:

  • forma pubblica, a pena di nullità;
  • presenza di due testimoni, ai sensi dell’art. 48 della Legge Notarile.

Trattandosi di convenzione matrimoniale, ai sensi dell’art. 162 c.c., l’atto deve essere annotato a margine dell’atto di matrimonio per essere opponibile ai terzi.

La dottrina prevalente ritiene necessario il consenso di entrambi i coniugi, anche se la costituzione è promossa da uno solo. Il consenso è un elemento strutturale del fondo, data la sua incidenza sull’intero regime patrimoniale della famiglia.

Costituzione ad opera di un solo coniuge

Se un solo coniuge conferisce nel fondo un bene di sua esclusiva proprietà, l’altro coniuge deve comunque esprimere il proprio consenso.

Questo perché l’atto incide sul regime giuridico dei beni familiari e determina un effetto favorevole (o comunque giuridicamente rilevante) anche nella sfera dell’altro.

Parte della dottrina ha sostenuto che in tali casi l’atto potrebbe avere natura di liberalità, con conseguente applicazione dell’art. 782 c.c. Tuttavia, la tesi preferibile riconosce al fondo patrimoniale natura autonoma, come negozio sui generis, potenzialmente con elementi di liberalità ma distinto dalla donazione.

Non vi è alcun profilo di liberalità quando il costituente si riserva la piena proprietà del bene conferito nel fondo. In tal caso il fondo realizza una finalità meramente solidaristica, senza arricchimento del coniuge accettante.

Costituzione ad opera di entrambi i coniugi

Nel caso in cui i coniugi intendano conferire congiuntamente beni al fondo, possono farlo:

  • con beni comuni in regime di comunione legale;
  • con beni in comunione ordinaria;
  • con beni di proprietà esclusiva conferiti contemporaneamente.

Nel caso del regime di comunione legale, il conferimento di un bene nel fondo non altera la titolarità paritaria tra i coniugi (50%-50%). La dottrina si è interrogata sulla compatibilità tra il regime della comunione legale e quello del fondo patrimoniale. Si tratta infatti di due regimi patrimoniali differenti:

  • la comunione legale è programmatica, ossia si applica a tutti i beni acquisiti durante il matrimonio salvo diversa disposizione;
  • il fondo patrimoniale è non programmatico, in quanto riguarda beni determinati e specificamente destinati.

Parte della dottrina ritiene che i due regimi non possano coesistere sul medesimo bene per incompatibilità di disciplina; altri, invece, e la prassi notarile prevalente, ritengono che il bene in comunione legale possa essere conferito nel fondo, rimanendo formalmente nella comunione ma vincolato per destinazione. Il fondo patrimoniale avrebbe quindi prevalenza funzionale, determinando una sorta di estromissione del bene dalla comunione legale, per incompatibilità tra regimi.

Quando i coniugi conferiscono quote disuguali di un bene in comunione ordinaria o beni di proprietà esclusiva, una parte della dottrina ha ipotizzato che si formino due fondi distinti, ciascuno riferito alla porzione conferita da uno dei coniugi. Tuttavia, la dottrina preferibile considera questa situazione come la costituzione di un unico fondo patrimoniale, con ruoli reciproci di conferente e accettante, assimilabile a un contratto di modifica delle convenzioni matrimoniali.

Costituzione ad opera di un terzo

Ai sensi dell’art. 167, comma 2, c.c., il fondo patrimoniale può essere costituito anche da un terzo, con atto tra vivi o per testamento. In tale ipotesi, l’accettazione da parte dei coniugi è necessaria e può avvenire anche con atto pubblico separato e posteriore. Il terzo può essere una persona fisica o giuridica, anche estranea alla famiglia.

Secondo un parere del Consiglio Nazionale del Notariato (risposta al quesito n. 119/2008), anche un figlio può costituire un fondo patrimoniale in favore dei genitori.

Si tratta, secondo la dottrina prevalente, di una convenzione matrimoniale trilaterale, poiché l’atto coinvolge tre soggetti distinti: il terzo costituente e i due coniugi accettanti.

Quando il terzo conferisce beni di sua proprietà, si realizza normalmente uno spostamento patrimoniale gratuito, con conseguente profilo di liberalità. La dottrina maggioritaria ritiene che il consenso dei coniugi sia imprescindibile, anche quando il bene viene formalmente attribuito a uno solo di essi.

È anche possibile costituire il fondo per finalità non liberali, come nel caso in cui il terzo intenda risolvere un’obbligazione mediante conferimento diretto di beni nel fondo. Questa ipotesi è nota come costituzione a fini solutori: in tale circostanza, il bene esce dal patrimonio del terzo e entra direttamente nel fondo, rendendo inopponibile ai suoi creditori la destinazione così impressa.

Non è invece possibile costituire un fondo patrimoniale in favore di:

  • coppie non sposate, anche se con figli;
  • conviventi di fatto, anche se registrati: per essi è prevista soltanto la possibilità di stipulare un contratto di convivenza, che può contenere patti patrimoniali ma non produce gli effetti del fondo ex art. 167 c.c.

Costituzione per testamento

Ai sensi dell’art. 167 c.c., il fondo può essere costituito anche per testamento. Il principio di equivalenza delle forme testamentarie (art. 587 c.c.) consente di utilizzare:

  • testamento pubblico;
  • olografo;
  • segreto;
  • forme speciali (artt. 601 e ss. c.c.).

L’accettazione dei coniugi è necessaria anche in caso di disposizione testamentaria. Essa può avvenire successivamente al decesso del testatore, mediante atto pubblico separato.

Legato diretto

Il testatore può costituire il fondo patrimoniale a titolo di legato, attribuendo uno o più beni direttamente al fondo, oppure in favore di uno o di entrambi i coniugi. Il legato deve indicare in modo determinato i beni che formeranno oggetto del fondo, in quanto la pubblicità è possibile solo se i beni sono individuabili.

Legato obbligatorio o modale

In alternativa alla costituzione diretta, il testatore può disporre un:

  • legato di contratto, con cui trasmette ai beneficiari il diritto di pretendere dagli eredi la costituzione del fondo;
  • legato con onere (modale), attraverso cui impone ai beneficiari l’obbligo di costituire un fondo patrimoniale con determinati beni.

In tal caso, la costituzione del fondo avviene con atto tra vivi in esecuzione del testamento. La dottrina prevalente ritiene che anche in questi casi sia necessario il consenso dei coniugi, al pari delle ipotesi di disposizione diretta.

Costituzione a titolo ereditario

Più complessa è la questione della costituzione del fondo a titolo di eredità. Parte della dottrina nega tale possibilità, in quanto l’eredità comporta il trasferimento di un’universalità di beni, non sempre compatibile con i requisiti del fondo. Altri autori, invece, ritengono che sia possibile costituire un fondo con i soli beni ereditari suscettibili di conferimento, escludendo gli altri.

Una terza tesi, oggi maggioritaria, afferma che il fondo può essere costituito con beni determinati, anche a titolo di eredità, utilizzando:

  • l’istitutio ex re certa (art. 588, comma 2 c.c.);
  • la divisione del testatore con o senza indicazione di quote (art. 734 c.c.).

In ogni caso, se il bene destinato al fondo è oggetto della legittima (ossia destinato a un legittimario in conto di legittima), non è possibile imporre il vincolo del fondo patrimoniale, poiché violerebbe l’art. 549 c.c., che vieta di imporre pesi o condizioni sulla quota legittima. L’unica soluzione è imputare il bene alla disponibile, specificando che la costituzione del fondo è effettuata con dispensa dall’imputazione.

Oggetto del fondo patrimoniale

Ai sensi dell’art. 167, comma 1, c.c., possono essere oggetto del fondo patrimoniale:

  • beni immobili;
  • beni mobili iscritti in pubblici registri;
  • titoli di credito.

I beni devono essere determinati e conferibili secondo le norme di pubblicità. In particolare, i titoli di credito devono essere resi nominativi, con annotazione del vincolo o con modalità idonee a renderlo opponibile (art. 167, ultimo comma c.c.). Questo significa che i titoli al portatore o all’ordine non sono conferibili nel fondo, salvo che vengano resi nominativi prima del conferimento.

La funzione del fondo è di garantire i bisogni della famiglia: pertanto, il bene conferito deve essere potenzialmente fruttifero o alienabile, al fine di soddisfare tali bisogni (art. 168, comma 2 c.c.).

Beni immobili

I beni immobili sono normalmente conferiti nel fondo e non pongono particolari problemi di pubblicità. Tuttavia, vi sono questioni legate all’inserimento delle menzioni urbanistiche nel caso di trasferimento o meno della proprietà, che si esaminano più avanti.

Titoli di credito

Ai sensi dell’art. 167 c.c., i titoli devono essere:

  • nominativi sin dall’origine, oppure
  • resi nominativi successivamente, mediante annotazione del vincolo.

È stato ritenuto inammissibile il semplice vincolo interno sui titoli all’ordine o al portatore, in quanto l’art. 2010 c.c. vieta condizioni limitative della circolazione per tali titoli. Solo i titoli nominativi (originari o resi tali) possono essere validamente conferiti nel fondo patrimoniale.

Quote di S.r.l.

La questione della conferibilità delle quote di società a responsabilità limitata è controversa. Secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza, le quote non sono conferibili, poiché non costituiscono titoli di credito e non rientrano tra i beni mobili iscritti in pubblici registri. Tuttavia, altra dottrina – e la prassi notarile – ritiene che le quote di S.r.l. siano assimilabili a beni mobili registrati, in quanto soggette a pubblicità nel Registro delle Imprese (soprattutto dopo la riforma societaria del 2003). Lo Studio del Triveneto consiglia, in sede concorsuale, di aderire alla tesi positiva solo se la traccia chiede esplicitamente il conferimento delle sole quote di S.r.l..

Azioni

Le azioni di S.p.A. nominative sono conferibili in fondo patrimoniale. Anche in caso di azioni dematerializzate, si ammette il conferimento, in quanto la registrazione contabile sopperisce alla funzione di pubblicità. Non sono invece conferibili le azioni al portatore, prive di pubblicità opponibile.

Azienda

Secondo la dottrina prevalente, l’azienda non può essere oggetto di fondo patrimoniale, per due motivi:

  1. L’azienda comprende beni mobili non soggetti a pubblicità, e ciò contrasta con l’esigenza di opponibilità ai terzi;
  2. Il conferimento dell’azienda potrebbe essere usato in modo abusivo per sottrarre beni alla garanzia patrimoniale, specie in ambito fallimentare.

Nuda proprietà

La nuda proprietà è conferibile, secondo la tesi preferibile, in quanto il bene, sebbene attualmente infruttifero, può essere alienato per soddisfare i bisogni familiari, oppure può essere sottratto all’esecuzione in favore di creditori estranei alla famiglia (art. 170 c.c.).

Usufrutto

L’usufrutto è conferibile nel fondo patrimoniale, in quanto diritto reale fruttifero. Se l’usufrutto si estingue per morte dell’usufruttuario o per decorrenza del termine, il fondo cessa automaticamente, anche in presenza di figli minori. Se l’usufrutto si estingue per:

  • rinuncia,
  • abuso del diritto,
  • o consolidazione con la nuda proprietà,

il fondo non cessa, ma continua a produrre i suoi effetti fino al verificarsi della causa naturale di estinzione.

Uso e abitazione

I diritti di uso e abitazione sono personalissimi e non cedibili. Essi possono essere conferiti nel fondo patrimoniale solo se attribuiti dal coniuge proprietario che si riserva la nuda proprietà. Se, invece, l’uso e l’abitazione spettano ad un coniuge a titolo personale, non possono essere conferiti nel fondo.

Diritto di superficie

Sia il diritto di edificare (ius aedificandi), sia la proprietà superficiaria, sono conferibili nel fondo patrimoniale.

Enfiteusi

L’enfiteusi presenta difficoltà, in quanto comporta obblighi di miglioramento del fondo e pagamento del canone, difficilmente compatibili con la gratuità del fondo. Tuttavia, una parte della dottrina ammette il conferimento, poiché la gratuità non è requisito essenziale del fondo patrimoniale. Possono essere conferiti sia il diritto del concedente, sia quello dell’enfiteuta.

Servitù

La servitù, essendo una qualità del fondo dominante, può essere conferita nel fondo patrimoniale unitamente al bene cui è connessa. Non può invece essere conferita in via autonoma.

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Apposizione di condizione, termine e modo

La dottrina si è interrogata sulla possibilità di apporre:

  • condizioni (sospensive o risolutive),
  • termini (iniziali o finali),
  • modi (obblighi di comportamento).

La risposta prevalente è positiva, a condizione che tali clausole:

  • non siano in contrasto con la funzione del fondo (es. protezione della famiglia),
  • non limitino la parità tra coniugi,
  • non siano pregiudizievoli per i terzi.

Il prof. Bianca ammette esplicitamente la possibilità di apporre sia condizione sia termine, ma pone un limite: non si può derogare alle norme sull’amministrazione dei beni, né si possono inserire clausole che modifichino i presupposti per l’opponibilità o la gestione del fondo.

In particolare:

  • termine iniziale diverso dalla data del matrimonio non è ammissibile;
  • termine finale diverso dalla cessazione del matrimonio o della maggiore età dei figli è dubbio e spesso non accettato.

Amministrazione del fondo patrimoniale

L’amministrazione del fondo patrimoniale è disciplinata dall’art. 168, comma 3, c.c., il quale stabilisce che essa è regolata dalle norme relative all’amministrazione della comunione legale. Si applica, quindi, in via diretta l’art. 180 c.c., secondo il quale:

  • gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun coniuge;
  • gli atti di straordinaria amministrazione devono essere compiuti congiuntamente.

Occorre però distinguere tra due situazioni diverse:

  1. quando i coniugi sono contitolari del bene conferito nel fondo;
  2. quando il bene conferito appartiene in via esclusiva a uno solo dei coniugi.

Nel primo caso, l’amministrazione – anche ordinaria – richiede la spendita del nome di entrambi i coniugi. Nel secondo caso, il coniuge amministratore dovrà agire in nome del titolare, poiché l’amministrazione del fondo non comporta un trasferimento della titolarità giuridica, ma solo una destinazione vincolante del bene.

Atti di straordinaria amministrazione: art. 169 c.c.

L’art. 169 c.c. disciplina i casi di alienazione, ipoteca, pegno e vincoli sui beni costituenti il fondo patrimoniale. La norma recita:

“Se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione, non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, nei soli casi di necessità od utilità evidente.”

Da questa formulazione emergono due condizioni da rispettare:

  1. consenso congiunto dei coniugi;
  2. autorizzazione del giudice, ove vi siano figli minori.

La norma consente, tuttavia, di derogare espressamente a tali limiti nell’atto di costituzione del fondo. Tuttavia, la dottrina e la giurisprudenza sono divise sulla portata di tale deroga.

1. Derogabilità integrale (tesi preferibile)

Secondo la Cassazione, sentenza n. 17811/2014, è possibile derogare sia alla necessità del consenso congiunto, sia all’autorizzazione giudiziale, se ciò è espressamente previsto nell’atto costitutivo. Questa interpretazione valorizza la volontà delle parti e riconosce piena efficacia al principio di autonomia privata.

2. Derogabilità solo parziale

Alcuni autori ritengono che si possa derogare solo alla necessità del consenso congiunto, ma non all’autorizzazione del giudice, che avrebbe una funzione pubblicistica di tutela del minore. La giurisprudenza è oscillante: ad esempio,

  • il Tribunale di Napoli si è espresso a favore della derogabilità integrale;
  • il Tribunale di Salerno ha ritenuto inderogabile la tutela dei minori;
  • il Tribunale di Torino, con decreto del 18 giugno 2014, ha ritenuto invalida ogni deroga all’autorizzazione giudiziale.

3. Derogabilità solo dell’autorizzazione giudiziale

Un’altra opinione sostiene, al contrario, che la deroga riguardi solo la necessità dell’autorizzazione del giudice, mentre il consenso congiunto dei coniugi sarebbe inderogabile, in quanto previsto dall’art. 168, comma 3, c.c., norma ritenuta inderogabile per la gestione del fondo.

Nota importante

Qualora il bene appartenga esclusivamente a uno dei coniugi, e questi si sia riservato la proprietà nel fondo, può alienarlo senza il consenso dell’altro coniuge, anche se il bene è vincolato al fondo. Tuttavia, il coniuge non titolare non potrà mai procedere da solo all’alienazione del bene conferito nel fondo.

Pubblicità del fondo patrimoniale e opponibilità ai terzi

L’art. 162, comma 4, c.c. prevede che le convenzioni matrimoniali non sono opponibili ai terzi se non sono annotate a margine dell’atto di matrimonio, con indicazione del:

  • notaio rogante;
  • data del contratto;
  • generalità dei contraenti.

Tale annotazione ha efficacia dichiarativa. Quando nel fondo patrimoniale sono conferiti beni immobili o beni mobili iscritti in pubblici registri, è inoltre necessaria la trascrizione nei registri immobiliari o mobiliari, ai sensi dell’art. 2647 c.c. e seguenti.

Dibattito sull’efficacia della trascrizione

La dottrina è divisa sulla funzione della trascrizione:

  • per alcuni, la trascrizione ha solo funzione pubblicitaria;
  • per altri, ha anche funzione dichiarativa, e quindi è necessaria per l’opponibilità ai terzi.

Alienazione dei beni conferiti

Quando si aliena un bene del fondo, non è necessaria una nuova annotazione a margine dell’atto di matrimonio. È sufficiente la pubblicità presso la conservatoria, in quanto l’alienazione non modifica il fondo, ma costituisce un atto traslativo soggetto alla disciplina ordinaria.

Tutela dei creditori e limite all’esecuzione: art. 170 c.c.

L’art. 170 c.c. rappresenta la norma cardine in tema di effetti del fondo patrimoniale nei confronti dei terzi. Esso stabilisce che:

“L’esecuzione sui beni del fondo e sui frutti di essi non può avere luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia.”

Tre tipologie di creditori

  1. Creditori per debiti contratti nell’interesse della famiglia → possono aggredire il fondo;
  2. Creditori per debiti contratti per scopi estranei, ma incolpevolmente ignari → possono comunque aggredire il fondo;
  3. Creditori per debiti estranei e consapevolinon possono procedere ad esecuzione sui beni del fondo.

La norma introduce una tutela soggettiva del creditore: solo quando questi sapeva che il debito era estraneo ai bisogni familiari, l’esecuzione è preclusa.

Di conseguenza, il debitore può provare l’estraneità del debito, ma spetta al creditore dimostrare l’assenza di mala fede.

Estensione della tutela: orientamento della giurisprudenza

La Cassazione ha esteso l’ambito di applicazione dell’art. 170 c.c., ritenendo che anche i debiti contratti nell’ambito dell’attività professionale o imprenditoriale possano ricadere tra quelli destinati alla famiglia, qualora tali attività rappresentino il mezzo ordinario di sostentamento familiare. Così ad esempio:

  • Cass. civ. n. 15886/2014 ha affermato che i creditori dell’attività imprenditoriale possono aggredire i beni del fondo, se l’attività stessa è funzionale ai bisogni della famiglia.

Strumenti di tutela per i creditori

I creditori esclusi dall’azione esecutiva possono ricorrere a due strumenti:

1. Azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.)

Consente di far dichiarare inefficace nei propri confronti l’atto di costituzione del fondo, se:

  • il fondo è stato costituito in frode ai creditori;
  • e il pregiudizio è attuale.

È richiesta la prova della scientia damni, ossia la consapevolezza del pregiudizio da parte del debitore e del coniuge (quando partecipe).

2. Azione diretta ex art. 2929-bis c.c.

Tale disposizione consente, entro un anno dalla costituzione del fondo, di procedere direttamente al pignoramento del bene vincolato, senza attendere la revocatoria, qualora ricorrano le seguenti condizioni:

  • debito anteriore alla costituzione del fondo;
  • atto dispositivo a titolo gratuito;
  • danno al creditore.

Questa norma rappresenta uno strumento molto incisivo, volto a contrastare l’utilizzo strumentale e fraudolento del fondo patrimoniale.

Rilevanza penale: art. 11 D.Lgs. 74/2000

L’uso strumentale del fondo patrimoniale per eludere il pagamento delle imposte può integrare il reato di:

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11, D.Lgs. 74/2000).

È punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni, chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte su redditi o IVA superiori a 50.000 euro, compia atti fraudolenti su propri o altrui beni. La pena è aumentata da un anno a sei anni se l’imposta evasa supera 200.000 euro.

La giurisprudenza ha chiarito che si tratta di un reato di pericolo, per cui non è necessario che si verifichi un danno concreto, ma è sufficiente il dolo specifico di elusione. La Cassazione ha ritenuto responsabile anche il notaio che partecipa consapevolmente alla stipula del fondo in funzione fraudolenta.

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Cessazione del fondo patrimoniale

La cessazione del fondo patrimoniale è disciplinata dall’art. 171 c.c., che individua in modo esplicito le ipotesi in cui termina la destinazione vincolante impressa ai beni conferiti. La norma stabilisce:

“La destinazione del fondo termina a seguito dell’annullamento, dello scioglimento o della cessazione degli effetti civili del matrimonio.
Se vi sono figli minori, il fondo dura fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio.
In tal caso il giudice può dettare, su istanza di chi vi abbia interesse, norme per l’amministrazione del fondo.
Considerate le condizioni economiche dei genitori e dei figli ed ogni altra circostanza, il giudice può altresì attribuire ai figli, in godimento o in proprietà, una quota dei beni del fondo.
Se non vi sono figli, si applicano le disposizioni sullo scioglimento della comunione legale.”

Ipotesi legali di cessazione

Dall’art. 171 c.c. si evincono tre cause principali e tassative di cessazione automatica del fondo:

  1. Annullamento del matrimonio;
  2. Scioglimento del matrimonio (es. per divorzio);
  3. Cessazione degli effetti civili del matrimonio (es. dopo la trascrizione della sentenza ecclesiastica di nullità).

In tutti questi casi, la cessazione del fondo non richiede alcun atto espressamente dispositivi dei coniugi, poiché opera automaticamente in virtù della legge.

Tuttavia, in presenza di figli minori, il fondo non si estingue: permane fino al compimento della maggiore età dell’ultimo figlio. In tal caso, il legislatore impone una tutela rafforzata per la prole, che giustifica il mantenimento del vincolo patrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo coniugale.

Scioglimento consensuale del fondo

Un tema ampiamente dibattuto in dottrina e giurisprudenza è se il fondo patrimoniale possa cessare per mutuo consenso dei coniugi, anche prima del verificarsi delle cause indicate dall’art. 171 c.c.

Opinioni dottrinali

  1. Tesi negativa: alcuni autori ritengono che, una volta costituito il fondo, i coniugi non abbiano più il potere di scioglierlo volontariamente, in quanto hanno perso la titolarità dei beni, che risultano vincolati a un interesse superiore (quello familiare). Inoltre, si afferma che le convenzioni matrimoniali non possono essere sciolte se non nei casi previsti dalla legge.
  2. Tesi positiva: altra parte della dottrina sostiene che lo scioglimento consensuale è sempre ammesso, in virtù dell’art. 163 c.c., secondo cui “le convenzioni matrimoniali possono essere modificate in ogni tempo”. Pertanto, anche il fondo patrimoniale, in quanto convenzione matrimoniale, può essere sciolto per accordo delle parti, purché non vi siano figli minori.
  3. Tesi intermedia (prevalente): la dottrina prevalente distingue:
    • se non vi sono figli minori, o questi sono divenuti maggiorenni, lo scioglimento consensuale è pienamente legittimo;
    • se vi sono figli minori, il fondo non può essere sciolto anticipatamente, salvo consenso espresso dei minori, rappresentati da un curatore speciale nominato dal giudice tutelare.

Intervento del giudice tutelare e del curatore speciale

La Cassazione, sentenza n. 17811/2014, ha chiarito in modo definitivo l’intero sistema:

  1. Le cause di cessazione indicate nell’art. 171 c.c. non sono tassative: il fondo può essere sciolto anche per mutuo consenso, in assenza di figli minori.
  2. In presenza di figli minori (compresi i concepiti, che sono pienamente equiparati), lo scioglimento consensuale è ammesso solo se è autorizzato dal giudice tutelare, su istanza del curatore speciale nominato ex art. 320, comma 6, c.c.
  3. L’autorizzazione, pur riferendosi formalmente ad atti dispositivi, deve comunque seguire la procedura prevista per gli atti straordinari, e deve essere rilasciata dal giudice tutelare, anche se si potrebbe ritenere applicabile l’art. 375 c.c.

La motivazione della Cassazione è molto chiara: nonostante lo scioglimento del fondo patrimoniale sia un atto che riguarda diritti reali su beni patrimoniali (e quindi normalmente soggetto ad autorizzazione del Tribunale), l’interesse prevalente è quello del minore, e la competenza resta del giudice tutelare.

Cessazione parziale e vendita dell’ultimo bene

Una questione particolarmente delicata riguarda l’alienazione dell’ultimo bene costituente il fondo. In tal caso, ci si chiede se si realizzi:

  • una cessazione di fatto del fondo (per estinzione dell’oggetto),
  • oppure un atto di scioglimento implicito, che richiederebbe le autorizzazioni previste dall’art. 169 c.c..

La prassi notarile preferisce in ogni caso far applicare l’art. 169 c.c., chiedendo:

  • il consenso congiunto dei coniugi,
  • e, se vi sono figli minori, l’autorizzazione del giudice.

In alternativa, si può redigere un atto di scioglimento formale, precisando che tale scioglimento è richiesto in virtù dell’estinzione dell’unico bene conferito.

Attribuzione dei beni ai figli

L’art. 171 c.c., ai commi 3 e 4, prevede che il giudice possa attribuire ai figli, in caso di cessazione del fondo, una quota dei beni, in godimento o in proprietà, tenendo conto:

  • delle condizioni economiche dei genitori e dei figli;
  • e di ogni altra circostanza rilevante.

Questa previsione rafforza la finalità familiare e solidaristica del fondo, introducendo una protezione giuridica rafforzata dei minori, anche nella fase di cessazione.

In mancanza di figli, il giudice non ha potere dispositivo e si applicano direttamente le norme sulla comunione legale (artt. 191 ss. c.c.).

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L’avv. Alessandro Paccosi è avvocato civilista a Roma e avvocato divorzista a Roma. Offre servizi di consulenza, assistenza (anche online) e rappresentanza legale in tutti i settori del diritto civile. Si occupa in particolare di: successioni ereditarie, diritto immobiliare, diritto di famiglia e responsabilità civile.

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