Espromissione | Diritto Privato | Differenza con Accollo

L‘espromissione è un istituto del diritto privato regolato dall’art. 1272 del codice civile che comporta l’assunzione del debito altrui da parte di un soggetto terzo che interviene nel rapporto obbligatorio promettendo al creditore di adempiere un’obbligazione contratta da un altro.

L’espromissione presenta importanti distinzioni rispetto ad altri istituti affini, come l’accollo e la delegazione, e offre interessanti spunti sotto il profilo della natura giuridica, della struttura e degli effetti.

Di seguito analizziamo in modo completo l’istituto, le sue specie, la disciplina applicabile e le principali differenze rispetto agli istituti giuridici affini.

Indice dei contenuti

Espromissione: definizione e presupposti

L’espromissione si verifica quando un soggetto terzo (espromittente) promette spontaneamente al creditore (espromissario) di pagare un debito altrui, assunto da un altro soggetto (espromesso).

Costituisce pertanto una modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio.

La caratteristica fondamentale dell’espromissione è che l’iniziativa parte dall’espromittente, e il debitore originario rimane estraneo all’accordo.

La dottrina sottolinea che tale “estraneità” non implica necessariamente che l’iniziativa sia completamente spontanea: l’intervento del debitore può sussistere (ad esempio mediante mandato o delegazione), purché non sia manifestato all’esterno.

Dunque, la spontaneità rileva solo sotto il profilo dell’irrilevanza esterna dei motivi che hanno spinto il terzo ad assumere l’obbligazione.

Specie di espromissione previste dall’art. 1272 c.c.

Secondo l’art. 1272 c.c., le principali forme di espromissione sono due:

Espromissione cumulativa

In questa ipotesi, l’espromittente si aggiunge al debitore originario, il quale resta comunque obbligato nei confronti del creditore. L’obbligazione si arricchisce di un nuovo soggetto passivo, ampliando la responsabilità solidale.

Espromissione liberatoria (o privativa)

In questo caso il creditore dichiara espressamente di liberare il debitore originario, riconoscendo come unico obbligato l’espromittente. È la forma più simile a una successione nel debito, pur con differenze sostanziali rispetto alla novazione.

Espromissione novativa e natura dell’obbligazione

Una parte della dottrina ha sostenuto l’esistenza di una terza forma: l’espromissione novativa.

Questa consisterebbe nell’estinzione dell’obbligazione originaria e nella nascita di una nuova obbligazione di eguale contenuto, ma con diverso soggetto passivo.

Tuttavia, il diritto positivo non offre indicazioni chiare su tale configurazione. Anzi, come indicato anche nella Relazione al codice civile, il legislatore ha scelto di non distinguere tra successione nel debito e novazione soggettiva, trattando in modo uniforme le eccezioni e le garanzie (cfr. artt. 1275, 1276 c.c.). In tal senso, risulta preferibile la tesi che nega l’esistenza di una novazione soggettiva, riconoscendo piuttosto la possibilità di una novazione oggettiva atipica.

Esempio di novazione oggettiva apparente

Si pensi al caso in cui Leonardo si obbliga a fare un ritratto a Luca, ma Raffaello subentra come esecutore della prestazione. In apparenza sembrerebbe una novazione soggettiva, ma trattandosi di una prestazione intuitu personae, la sostituzione cambia la natura stessa dell’obbligazione. Il ritratto di Raffaello non è quello di Leonardo, con conseguente configurazione di una novazione oggettiva.

Espromissione e adempimento del terzo: le differenze

L’espromissione non va confusa con l’adempimento del terzo. In quest’ultimo caso, un soggetto diverso dal debitore paga al creditore l’obbligazione senza assumere formalmente il debito.

L’obbligazione originaria viene estinta tramite pagamento, senza che sorga un nuovo rapporto obbligatorio tra terzo e creditore.

Nell’espromissione, invece, il terzo assume su di sé il debito, creando un nuovo vincolo giuridico con il creditore, che può essere aggiuntivo o sostitutivo rispetto al debitore originario.

Natura giuridica dell’espromissione: contratto o atto unilaterale?

La giurisprudenza prevalente qualifica l’espromissione come un contratto. Si tratta infatti dell’incontro di due volontà: quella dell’espromittente che assume il debito e quella del creditore che lo accetta come nuovo obbligato.

Una parte della dottrina ha proposto una diversa qualificazione, ritenendo l’espromissione un atto unilaterale del solo espromittente, oppure frutto della combinazione di due atti separati (assunzione del debito e liberazione del debitore originario).

Tuttavia, la teoria contrattuale risulta maggioritaria per almeno due ragioni:

  1. Art. 1987 c.c.: la promessa unilaterale non può produrre effetti obbligatori, salvo che non sia prevista dalla legge, come nel caso della promessa al pubblico.
  2. Consenso del creditore: sia per la liberazione del debitore originario, sia per la modificazione dell’obbligazione, è necessario il consenso del creditore, che si forma nel medesimo negozio.

Espromissione e contratto a favore del terzo

Sebbene l’espromissione porti benefici all’espromesso, essa non costituisce un contratto a favore del terzo in senso tecnico.

Infatti:

  • Non è prevista una dichiarazione irrevocabile di vantaggio per il terzo, come richiesto dall’art. 1411 c.c.
  • L’obbligazione non nasce come nuova prestazione a favore del terzo, ma come successione nel debito.
  • Il debitore originario non può impedire gli effetti dell’espromissione, poiché l’interesse del creditore all’adempimento prevale sull’eventuale interesse del debitore ad adempiere personalmente.

Limiti all’applicabilità dell’espromissione

Si è evidenziato che l’espromissione non può riguardare diritti strettamente personali o prestazioni che, per legge o per natura, devono essere eseguite direttamente dal debitore originario.

Espromissione come negozio causale

L’espromissione è un negozio causale e non astratto. La sua causa risiede nell’assunzione del debito altrui e non richiede ulteriori giustificazioni. La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che i motivi che spingono il terzo ad espromettersi siano irrilevanti ai fini della validità dell’atto.

L’art. 1272, comma 3, c.c. conferma questa impostazione, prevedendo che l’espromittente possa rifiutare il pagamento qualora il debito originario non sussista o risulti invalido. Ciò dimostra che la validità dell’espromissione è connessa all’esistenza di una obbligazione preesistente, anche se il rapporto tra espromesso ed espromittente rimane esterno al vincolo tra creditore ed espromittente.

Disciplina giuridica dell’espromissione

La disciplina giuridica dell’espromissione è contenuta nell’art. 1272 c.c., ma non si esaurisce in questa disposizione. Numerose norme generali in materia contrattuale e obbligatoria si applicano all’istituto.

In primo luogo, come detto, l’espromissione rientra nella categoria dei contratti consensuali, e la sua efficacia è subordinata al consenso del creditore. Il debitore originario, invece, resta estraneo alla formazione del contratto, anche se può eventualmente beneficiarne o subirne conseguenze indirette.

Il comma 2 dell’art. 1272 c.c. prevede che l’espromittente possa opporre al creditore tutte le eccezioni che spettavano al debitore originario, ad eccezione di quelle fondate su rapporti strettamente personali. Questa disposizione serve a tutelare l’espromittente, evitando che il creditore possa trarre vantaggio dalla sostituzione del debitore per far valere un credito in realtà infondato.

Inoltre, l’art. 1272, comma 1, consente l’espromissione sia con effetto cumulativo sia con effetto liberatorio. Tuttavia, affinché il debitore originario sia liberato, è necessario un espresso consenso del creditore.

È importante sottolineare che l’obbligazione dell’espromittente ha il medesimo contenuto di quella originaria, ma non si tratta di un semplice adempimento del terzo (come disciplinato dall’art. 1180 c.c.), bensì della creazione di un nuovo rapporto obbligatorio, distinto da quello precedente.

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Espromissione: differenza con accollo, delegazione e fideiussione

Per comprendere appieno l’istituto dell’espromissione, è utile confrontarlo con altre figure giuridiche affini, in particolare l’accollo e la delegazione di pagamento. Questi tre istituti disciplinano ipotesi in cui un soggetto diverso dal debitore originario si assume l’onere dell’adempimento, ma lo fanno con modalità differenti.

Espromissione e Accollo

L’accollo, disciplinato dall’art. 1273 c.c., si verifica quando un terzo si obbliga verso il debitore ad adempiere un debito che quest’ultimo ha nei confronti di un creditore. L’accollo può essere interno (tra debitore e accollante) oppure esterno (se vi partecipa anche il creditore).

A differenza dell’espromissione, dove l’obbligazione nasce direttamente tra espromittente e creditore, nell’accollo il creditore viene coinvolto in un momento successivo e solo se aderisce all’accordo. Inoltre, nell’accollo il debitore originario partecipa attivamente alla conclusione dell’accordo con l’accollante, a differenza dell’espromissione, che può avvenire anche a sua insaputa.

Espromissione e Delegazione

La delegazione di pagamento (art. 1269 c.c.) si verifica quando il debitore (delegante) ordina a un terzo (delegato) di pagare il creditore (delegatario). Anche qui troviamo una struttura trilaterale, ma con caratteristiche diverse rispetto all’espromissione.

Nella delegazione, infatti, il debitore originario è parte attiva dell’accordo, perché impartisce l’ordine al delegato. La delegazione può essere delegazione di pagamento (se si limita a ordinare il pagamento) oppure delegazione di debito (se comporta l’assunzione di un nuovo obbligo da parte del delegato).

Nell’espromissione, invece, manca questo atto di incarico: è il terzo che interviene spontaneamente e si obbliga verso il creditore, assumendo il debito altrui senza un ordine o un incarico da parte del debitore originario.

Espromissione e Fideiussione

Un’altra figura affine all’espromissione è la fideiussione, disciplinata dagli articoli 1936 e ss. c.c.. Anche nella fideiussione, un soggetto diverso dal debitore originario si impegna nei confronti del creditore; tuttavia, vi è una differenza essenziale: il fideiussore non si sostituisce al debitore, ma si obbliga in via accessoria rispetto al debito principale, garantendo l’adempimento.

In altre parole, nella fideiussione l’obbligazione del garante è subordinata a quella del debitore principale: se quest’ultimo non paga, il creditore può rivolgersi al fideiussore. Nell’espromissione, invece, il terzo assume un obbligo diretto e principale verso il creditore, indipendentemente dall’atteggiamento del debitore originario.

Un altro elemento distintivo è che la fideiussione richiede il consenso del debitore, essendo una garanzia prestata per un’obbligazione già esistente. Al contrario, nell’espromissione il debitore originario non è parte necessaria del contratto, né il suo consenso è richiesto.

Pertanto, mentre la fideiussione aggiunge un debitore secondario accanto a quello principale, l’espromissione può sostituire il debitore originario (con effetto liberatorio) oppure affiancarlo (con effetto cumulativo), ma in ogni caso con una nuova obbligazione principale e autonoma.

Il regime delle eccezioni nel contratto di espromissione

Uno degli aspetti più rilevanti della disciplina dell’espromissione è il regime delle eccezioni che l’espromittente può opporre al creditore.

L’art. 1272, comma 2, c.c. prevede che l’espromittente può opporre al creditore tutte le eccezioni personali e oggettive che spettavano al debitore originario, ma solo nella misura in cui esse non siano incompatibili con la natura dell’espromissione.

Questa disposizione ha dato origine a due principali indirizzi interpretativi:

  1. Tesi dell’autonomia soggettiva: secondo questa ricostruzione, l’obbligazione dell’espromittente è autonoma e distinta rispetto a quella del debitore originario. Pertanto, il nuovo debitore può opporre soltanto le eccezioni oggettive relative alla validità e all’esistenza del debito originario (es. nullità, estinzione, inesigibilità), ma non quelle personali (es. incapacità, dolo, condizioni soggettive del primo debitore), in quanto non gli spettano.
  2. Tesi della successione nel debito: in base a questa impostazione, l’espromittente si pone in una posizione succedanea rispetto al debitore originario, subentrando in tutto e per tutto nel rapporto. Di conseguenza, può opporre al creditore tutte le eccezioni che sarebbero spettate al debitore, comprese quelle personali, a meno che non siano manifestamente inconciliabili con il contratto di espromissione.

In giurisprudenza prevale una soluzione intermedia: l’espromittente può far valere le eccezioni oggettive e, quanto a quelle personali, solo se non contrarie alla volontà negoziale e se risultano compatibili con la funzione economico-sociale dell’espromissione.

Esempio pratico: se l’espromissione ha avuto come scopo quello di garantire il pagamento di un debito, l’espromittente non potrà invocare le eccezioni personali del debitore originario che sarebbero in contrasto con la causa garantistica dell’accordo.

La solidarietà tra espromittente e debitore originario

L’art. 1272, comma 1, c.c. stabilisce che l’obbligazione assunta dall’espromittente può essere assunta in via solidale con quella del debitore originario, se non risulta diversamente dalla volontà delle parti.

In base a tale disposizione, la regola è la solidarietà passiva, salvo patto contrario. Quindi, in assenza di specifiche previsioni, il creditore potrà agire contro l’espromittente, il debitore originario o entrambi, secondo le regole generali dettate per la solidarietà (artt. 1292 ss. c.c.).

La ratio di questa impostazione normativa risiede nel fatto che l’espromissione non estingue automaticamente il debito dell’originario obbligato, bensì aggiunge un secondo debitore, salvo che il creditore abbia manifestato la volontà di liberare il primo debitore.

Se le parti non pattuiscono diversamente, il creditore acquista un’ulteriore garanzia (il vincolo dell’espromittente), mantenendo la possibilità di rivolgersi all’uno o all’altro.

Tuttavia, se vi è un’espressa volontà negoziale in tal senso, si può prevedere che:

  • l’espromittente risponda solo in via sussidiaria,
  • oppure che si escluda ogni forma di solidarietà, configurando un’obbligazione autonoma e separata.

La clausola che esclude la solidarietà deve essere chiara e inequivoca, in quanto deroga a una regola dispositiva.

L’estinzione delle garanzie

L’art. 1273, comma 1, c.c. prevede che, in caso di espromissione, le garanzie del credito – come pegni, ipoteche o fideiussioni – non si estinguono se il debitore originario non è liberato, cioè se il creditore non ha manifestato la volontà di svincolarlo.

Al contrario, se il creditore accetta l’espromissione in sostituzione del debitore originario, determinandone la liberazione, le garanzie personali e reali si estinguono, salvo che siano prestate da terzi che abbiano consentito espressamente alla prosecuzione della loro obbligazione accessoria.

Questa disposizione tutela l’equilibrio contrattuale e l’interesse del debitore originario e dei garanti: non si può presumere che un terzo, che ha prestato garanzia a favore di un determinato debitore, voglia automaticamente garantire l’obbligazione assunta da un soggetto diverso.

Invalidità della nuova obbligazione

L’art. 1273, comma 2, c.c. disciplina l’ipotesi in cui l’obbligazione assunta dall’espromittente risulti invalida (ad esempio per incapacità, illiceità o difetto di forma): il debitore originario rimane obbligato, a meno che non sia stato liberato dal creditore.

Pertanto, la validità della nuova obbligazione non incide retroattivamente su quella originaria, salvo nei casi in cui il creditore abbia accettato espressamente l’espromissione come sostitutiva.

In questo modo si preserva l’interesse del creditore a non perdere la garanzia dell’obbligazione iniziale in caso di nullità o annullabilità della nuova.

Insolvenza del nuovo debitore

Se l’espromittente, che ha assunto l’obbligazione verso il creditore, diventa insolvente, il debitore originario rimane obbligato, ma solo se non è stato liberato. In caso contrario, l’insolvenza dell’espromittente non fa rinascere l’obbligo del debitore originario.

La disciplina si fonda su un principio di tutela dell’affidamento del creditore: se ha accettato volontariamente la liberazione del primo debitore, non può pretendere che quest’ultimo torni a rispondere a causa della sopravvenuta insolvenza dell’espromittente.

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