La donazione indiretta rappresenta una figura giuridica complessa, ricorrente nella prassi contrattuale, attraverso la quale si persegue una finalità di liberalità mediante atti che, formalmente, assumono la veste di negozi onerosi.
L’arricchimento di una delle parti, non corrisposto da un’equivalente controprestazione, è realizzato per mero spirito di liberalità.
Tale impostazione è stata ribadita dalla Cassazione civile, sez. II, ordinanza 19 luglio 2024, n. 19973, che ha precisato i tratti distintivi e la disciplina applicabile a questa fattispecie, escludendo l’applicazione dei limiti probatori previsti in materia di simulazione.
Indice dei contenuti:
- Donazione indiretta e spirito di liberalità
- La sentenza della Cassazione n. 19973/2024
- La fattispecie concreta: donazione indiretta di quote societarie
- I criteri di riconoscimento della donazione indiretta
- Differenze tra donazione indiretta e simulazione
- Regime probatorio applicabile alla donazione indiretta
- Liberalità indiretta e sproporzione nel corrispettivo
- Rinuncia abdicativa come forma di liberalità indiretta
Donazione indiretta e spirito di liberalità
La donazione indiretta è configurabile ogniqualvolta un soggetto si arricchisce per effetto di un contratto formalmente oneroso, ma mosso da un’intenzione liberale che non emerge in modo esplicito, bensì risulta dall’esame delle circostanze concrete.
Essa si caratterizza per l’assenza di un atto di liberalità in forma espressa e per il ricorso ad un negozio giuridico diverso dalla donazione, come la compravendita, il contratto societario, la permuta, o anche una rinuncia abdicativa.
Secondo quanto stabilito dalla Cassazione civile, sez. II, con ordinanza 19 luglio 2024, n. 19973, la donazione indiretta è un contratto con causa onerosa finalizzato a realizzare un arricchimento gratuito per spirito di liberalità, attraverso un’operazione formalmente estranea al contratto donativo.
La sentenza della Cassazione n. 19973/2024
La Suprema Corte è intervenuta in un contenzioso familiare riguardante la pretesa di lesione della quota di riserva da parte della figlia di una de cuius. L’attrice chiedeva che fosse considerata una donazione indiretta l’operazione societaria mediante la quale il fratello aveva acquistato la nuda proprietà del 35% del capitale sociale di una s.r.l. proprietaria di un immobile di pregio, a un prezzo inferiore al valore di mercato.
Il Tribunale di Treviso aveva qualificato l’operazione come donazione indiretta per un valore di euro 598.673,00. In appello, la Corte aveva confermato la qualificazione giuridica dell’operazione, ma aveva ridotto l’entità della liberalità a euro 458.683,28, da computare nella riunione fittizia al fine del calcolo della legittima.
La fattispecie concreta: donazione indiretta di quote societarie
Nel caso in esame, l’operazione consisteva nella sottoscrizione da parte del figlio della de cuius della ricostituzione e dell’aumento del capitale sociale della società proprietaria dell’immobile.
Il corrispettivo versato risultava sproporzionato per difetto rispetto al valore reale della quota sociale, determinando un arricchimento non giustificato economicamente.
L’intento della madre era quello di trasferire indirettamente al figlio un bene di valore (nella specie, la quota societaria connessa a un immobile di pregio), mascherando l’operazione sotto le forme di una sottoscrizione societaria, ma con una finalità diversa: l’arricchimento per liberalità.
I criteri di riconoscimento della donazione indiretta
La Cassazione ha precisato che l’intento di donare può emergere in via indiretta, attraverso l’analisi rigorosa e puntuale delle circostanze del caso. Non è necessario che vi sia una manifestazione espressa dell’animus donandi, purché questo risulti dedotto e provato ritualmente in giudizio.
Sono elementi rivelatori della donazione indiretta:
- la sproporzione tra le prestazioni;
- l’assenza di una giustificazione economica per lo squilibrio contrattuale;
- la volontà liberale della parte che assume l’obbligazione o compie l’atto;
- l’arricchimento del beneficiario.
Differenze tra donazione indiretta e simulazione
Un passaggio centrale della motivazione della Corte riguarda la differenza strutturale tra la donazione indiretta e il negozio simulato.
- Donazione indiretta: il contratto apparentemente oneroso è voluto nella sua forma, ma utilizzato per realizzare, in via mediata, un risultato liberale.
- Simulazione: il contratto apparente non corrisponde alla volontà delle parti, che intendono in realtà stipulare un contratto gratuito. In tal caso, è necessario l’accertamento della simulazione.
Ne consegue che, a differenza della simulazione, la donazione indiretta non richiede una domanda di accertamento formale della divergenza tra volontà e dichiarazione, ma solo la prova della liberalità attuata mediante il negozio.
Regime probatorio applicabile alla donazione indiretta
Il ricorrente aveva lamentato la violazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte d’appello avesse pronunciato ultra petita, accertando la simulazione senza domanda. La Cassazione ha respinto tale doglianza, chiarendo che la qualificazione di un negozio come donazione indiretta non presuppone una domanda di simulazione.
Inoltre, la Corte ha ribadito che alla donazione indiretta non si applicano i limiti di prova previsti per i contratti o per la simulazione, in quanto essa non si configura come un contratto simulato, bensì come un negozio realmente voluto, che realizza una finalità liberale attraverso un diverso schema contrattuale.
Liberalità indiretta e sproporzione nel corrispettivo
La pronuncia conferma che la sproporzione tra il corrispettivo pattuito e il valore reale del bene può costituire indizio significativo della finalità di liberalità. Tale sproporzione, se non giustificata da altre circostanze economiche o negoziali, consente di qualificare l’atto come una donazione indiretta, con tutte le conseguenze successorie connesse.
La Corte ha chiarito che anche un contratto stipulato con prezzo eccessivamente alto può costituire una liberalità, se il vantaggio economico conseguito da una parte non è giustificato dalla causa onerosa.
Rinuncia abdicativa come forma di liberalità indiretta
In chiusura, la Cassazione ha ribadito un principio già affermato in precedenti arresti giurisprudenziali: anche la rinuncia abdicativa può costituire una liberalità, ove risulti l’intento di arricchire un altro soggetto senza corrispettivo.
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