Il divieto di imporre pesi o condizioni sulla quota di legittima rappresenta uno dei capisaldi della successione necessaria disciplinata dal codice civile.
L’art. 549 c.c. stabilisce che il testatore non può apporre limiti, obblighi o restrizioni sulla quota di riserva spettante ai legittimari, garantendo a questi ultimi una tutela effettiva e concreta.
Il presente articolo analizza i contenuti e le implicazioni del divieto, esaminando le eccezioni previste dalla legge, le conseguenze della sua violazione ed il rapporto con il principio di conservazione del testamento.
Indice dei contenuti
- Il contenuto dell’art. 549 c.c. e la tutela della quota di riserva
- La nozione di “pesi e condizioni”
- Esempi di lesione della quota: patrimoniali e non patrimoniali
- Gravami vietati e gravami ammessi
- Le conseguenze della violazione del divieto
- Il principio di conservazione del testamento
- I pesi eccezionalmente ammessi dal codice civile
- Il caso della divisione effettuata dal testatore ex art. 734 c.c.
Il contenuto dell’art. 549 c.c. e la tutela della quota di riserva
L’art. 549 c.c. stabilisce che «il testatore non può imporre pesi o condizioni sulla quota spettante ai legittimari, salva l’applicazione delle norme contenute nel titolo IV di questo libro».
Tale disposizione ha una funzione protettiva: la quota di riserva deve essere attribuita al legittimario in forma piena e libera, senza vincoli o restrizioni che possano comprometterne il valore, l’uso o la disponibilità.
Questa norma si inserisce nel più ampio sistema delle successioni necessarie, disciplinato dagli artt. 536 e seguenti c.c., che tutelano i legittimari (coniuge, figli e, in assenza di questi, ascendenti) contro le disposizioni testamentarie che li privino della quota di eredità loro riservata per legge.
La nozione di “pesi e condizioni”
Con l’espressione “pesi o condizioni”, l’art. 549 c.c. intende ogni forma di gravame posto a carico del legittimario relativamente alla sola quota di riserva a lui spettante.
Si tratta di un concetto ampio, che include:
- oneri propriamente detti
- condizioni sospensive o risolutive
- obblighi di qualsiasi natura
- debiti e legati (quando gravano direttamente sulla quota riservata al legittimario)
In base a questa interpretazione, non è ammesso imporre, ad esempio, un obbligo di fare o di non fare, oppure una condizione risolutiva che sottoponga a incertezza la fruizione del bene assegnato al legittimario.
Esempi di lesione della quota: patrimoniali e non patrimoniali
La giurisprudenza e la dottrina ritengono pacificamente che la violazione dell’art. 549 c.c. possa avvenire sia in presenza di un pregiudizio patrimoniale, sia in presenza di una limitazione non patrimoniale, purché incida sulla piena disponibilità e godimento della quota riservata.
Lesione patrimoniale:
Si pensi al caso in cui il testatore attribuisca al legittimario un immobile sottoposto alla condizione risolutiva di dover restaurare alcuni affreschi entro due anni dall’apertura della successione. L’inadempimento comporterebbe la perdita del bene, incidendo direttamente sul valore economico della quota.
Lesione non patrimoniale:
Un testatore lascia al figlio la proprietà di una villa con l’obbligo di non piantarvi nuovi alberi per dieci anni. In questo caso, non si ha una diminuzione del valore economico della quota, ma si limita la libertà del legittimario nella gestione del bene.
Gravami vietati e gravami ammessi
Secondo la dottrina prevalente, i gravami vietati dall’art. 549 c.c. includono anche:
- oneri atipici
- legati gravanti sulla quota di riserva
- debiti imposti sulla quota riservata
Ad esempio, se il testatore istituisce erede nella quota di riserva il figlio e dispone un legato a favore di un’associazione, tale legato non può gravare sul figlio, ma deve essere sostenuto dagli eredi sulla disponibile.
Non sono invece considerati gravami vietati:
- la nomina di un curatore speciale per l’amministrazione dei beni attribuiti a un legittimario minore (art. 356, comma 1, c.c.)
- la nomina di un esecutore testamentario per curare l’esecuzione delle disposizioni testamentarie (art. 703, comma 1, c.c.)
Questi strumenti non ledono il diritto del legittimario alla quota, ma si limitano a garantire una corretta gestione e attuazione delle volontà del de cuius.
Le conseguenze della violazione del divieto
Il legislatore non prevede espressamente la sanzione per la violazione dell’art. 549 c.c. Le interpretazioni sono due:
1. Inefficacia relativa del peso o condizione:
Secondo questa tesi, il gravame è inefficace solo nei confronti del legittimario, ma potrebbe produrre effetti se l’eredità fosse devoluta a soggetto diverso, non legittimario.
2. Nullità del peso o condizione:
Altra tesi afferma la nullità della disposizione in quanto contraria a norma imperativa, in base all’art. 1418, comma 1, c.c. L’atto che impone un peso sulla quota di riserva sarebbe nullo e quindi privo di effetti sin dall’origine.
In entrambe le ipotesi, la disposizione attributiva a favore del legittimario rimane valida: il gravame si considera come non apposto.
Il principio di conservazione del testamento
La nullità o inefficacia del peso non travolge la disposizione principale, salvo che tale gravame rappresenti l’unico motivo determinante dell’attribuzione.
A sostegno di ciò intervengono due norme fondamentali:
- Art. 634 c.c.: «Nelle disposizioni testamentarie si considerano non apposte le condizioni impossibili e quelle contrarie a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume».
- Art. 647, comma 3, c.c.: «L’onere impossibile o illecito si considera non apposto; rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo determinante».
Il principio di conservazione opera quindi a tutela della volontà del testatore, ma anche del diritto del legittimario alla propria quota.
I pesi eccezionalmente ammessi dal codice civile
L’ultima parte dell’art. 549 c.c. introduce una deroga al divieto generale, consentendo l’imposizione di pesi e condizioni quando ciò sia previsto dalle norme del Titolo IV del Libro II del codice civile, in tema di divisione ereditaria.
Rientrano tra i pesi eccezionalmente ammessi:
a) Divieto temporaneo di divisione (art. 713 c.c.)
Il testatore può disporre che la divisione dell’eredità:
- non abbia luogo prima che siano trascorsi cinque anni dall’apertura della successione;
- oppure un anno dalla maggiore età dell’ultimo nato tra gli eredi.
b) Norme vincolanti sulla formazione delle porzioni (art. 733, comma 1, c.c.)
Il testatore può imporre che la divisione sia effettuata secondo criteri da lui stabiliti, ad esempio assegnando beni specifici a determinati coeredi, sempre nel rispetto del valore delle quote.
c) Stima ad opera di un terzo (art. 733, comma 2, c.c.)
È ammesso che il testatore imponga che la divisione avvenga sulla base della stima compiuta da una persona di sua fiducia, a condizione che questa non sia né erede né legatario.
Rappresentano inoltre eccezioni al principio di intangibilità della legittima, anche se non espressamente previste come tali dall’art. 549 c.c.:
d) La cautela sociniana
è il meccanismo attraverso cui viene riconosciuto al legittimario il potere di scelta tra due alternative: eseguire la disposizione testamentaria con cui il testatore abbia attribuito a terzi un usufrutto o una rendita eccedente la porzione disponibile, ovvero la nuda proprietà di beni oltre la quota disponibile; oppure rinunciare al beneficio ricevuto (sia esso la nuda proprietà gravata da usufrutto, l’intero asse ereditario gravato da rendita vitalizia, o l’usufrutto stesso), per ottenere invece la propria quota di riserva in piena proprietà e libera da pesi.
L’art. 550 c.c. recita: «Quando il testatore dispone di un usufrutto o di una rendita vitalizia il cui reddito eccede quello della porzione disponibile, i legittimari, ai quali è stata assegnata la nuda proprietà della disponibile o di parte di essa, hanno la scelta o di eseguire tale disposizione o di abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile. Nel secondo caso il legatario, conseguendo la disponibile abbandonata, non acquista la qualità di erede».
e) Il legato in sostituzione di legittima
ovvero il lascito testamentario effettuato a favore di un legittimario con l’intento di soddisfare ogni sua pretesa successoria, a prescindere dal valore del bene attribuito (che può anche essere inferiore alla quota di riserva spettante).
L’art. 551 c.c. stabilisce che il legittimario può rifiutare il legato e domandare invece la legittima (comma 1).
Se invece accetta il legato, perde il diritto a richiedere un’integrazione qualora il valore del legato risulti inferiore rispetto alla quota di riserva, e non assume la qualità di erede (comma 2).
Se desideri approfondire l’argomento del legato in sostituzione di legittima, ti consiglio di leggere anche il seguente articolo:
Legato in sostituzione di legittima: guida rapida
f) La sostituzione fedecommissaria
Ossia l’istituto che consente al testatore di nominare erede un proprio congiunto interdetto (quale il coniuge, un figlio o un discendente), imponendogli l’obbligo di conservare i beni ricevuti e trasmetterli, alla propria morte, a un altro soggetto che si sia preso cura di lui durante la vita.
L’art. 692, comma 1, c.c., dispone: «Ciascuno dei genitori o degli altri ascendenti in linea retta o il coniuge dell’interdetto possono istituire rispettivamente il figlio, il discendente, o il coniuge con l’obbligo di conservare e restituire alla sua morte i beni anche costituenti la legittima, a favore della persona o degli enti che, sotto la vigilanza del tutore, hanno avuto cura dell’interdetto medesimo».
Si tratta di un’eccezione ammessa in via del tutto straordinaria per finalità assistenziali, applicabile solo qualora l’interdetto sia il primo istituito e il beneficiario finale sia colui che si è effettivamente occupato di lui
Il caso della divisione effettuata dal testatore ex art. 734 c.c.
Infine, è controverso se la disposizione di cui all’art. 734, comma 1, c.c. rappresenti una deroga al divieto di gravami o una conferma della sua natura solo quantitativa.
Secondo tale norma:
«Il testatore può dividere i suoi beni tra gli eredi comprendendo nella divisione anche la parte non disponibile».
Se ne ricava che il testatore può effettuare direttamente la divisione dell’intero patrimonio, inclusa la legittima, purché vengano rispettate le quote di legge. In tale ipotesi, non si configura un “peso”, bensì un esercizio diretto della volontà dispositiva che non limita la sostanza economica della quota di riserva.
Avvocato successioni Alessandro Paccosi
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