Danno da occupazione sine titulo: quando è risarcibile?

Il danno da occupazione sine titulo non può più essere qualificato come danno “in re ipsa”.

La giurisprudenza più recente chiarisce che esso costituisce un danno “presunto”, per il quale è necessario allegare la perdita della concreta possibilità di godimento dell’immobile. In questo articolo analizziamo i presupposti per la richiesta di risarcimento, le regole probatorie e i più rilevanti riferimenti giurisprudenziali e normativi.

Indice dei contenuti

  • Il concetto di occupazione sine titulo
  • La configurabilità del danno: presunzione e non automaticità
  • Il ruolo dell’art. 115 c.p.c. e dell’onere probatorio
  • L’ordinanza della Cassazione n. 12879/2025
  • Le Sezioni Unite n. 33645/2022 e la nuova lettura del danno presunto
  • La quantificazione del danno: canone locativo e liquidazione equitativa
  • Confronto tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale
  • Conclusioni operative per l’azione risarcitoria

Il concetto di occupazione sine titulo

Per “occupazione sine titulo” si intende la detenzione di un immobile da parte di un soggetto privo di un valido titolo giuridico. Si verifica, ad esempio, quando un soggetto continui ad abitare un immobile nonostante la cessazione di un contratto di locazione o in assenza di qualsiasi contratto. In questi casi, il proprietario può agire per il rilascio del bene e richiedere il risarcimento del danno subito.

La configurabilità del danno: presunzione e non automaticità

Secondo l’indirizzo oggi prevalente, confermato dalla Cassazione civile con ordinanza n. 12879 del 14 maggio 2025, il danno da occupazione sine titulo non è più automaticamente risarcibile (“in re ipsa”), ma è da ritenersi un danno presunto. Ciò significa che il danneggiato deve allegare la perdita della concreta possibilità di godimento dell’immobile, sia esso diretto (uso personale) o indiretto (es. locazione a terzi).

La presunzione opera solo in presenza di elementi fattuali che inducano ragionevolmente a ritenere la sussistenza del pregiudizio, secondo criteri di normale esperienza.

Il ruolo dell’art. 115 c.p.c. e dell’onere probatorio

Ai sensi dell’art. 115, comma 1, c.p.c., il giudice deve porre a fondamento della decisione solo i fatti allegati dalle parti e non contestati. In materia di danno da occupazione senza titolo, la parte attrice deve allegare la concreta possibilità di godimento perduta. Il convenuto, dal canto suo, può contestare specificamente tale allegazione.

In caso di contestazione specifica, scatta in capo all’attore l’onere probatorio, ai sensi dell’art. 2697 c.c.: egli dovrà provare di aver perso un’utilizzazione effettiva o potenziale dell’immobile. Tale prova può essere fornita anche per presunzioni semplici (art. 2727 c.c.) o tramite nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza.

L’ordinanza della Cassazione n. 12879/2025

Nell’ordinanza n. 12879/2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso in cui il proprietario di un immobile lamentava la violazione dell’art. 907 c.c. (distanze legali dalle vedute), chiedendo la riduzione in pristino e il risarcimento del danno.

La Corte d’appello aveva riconosciuto il danno ritenendolo in re ipsa, sulla base della sola violazione delle distanze, considerandolo una lesione automatica della proprietà.

La Cassazione ha però cassato la sentenza con rinvio, affermando che tale danno non può essere riconosciuto in assenza di specifica allegazione e prova, richiamando il nuovo orientamento della giurisprudenza sul concetto di “danno presunto”.

Le Sezioni Unite n. 33645/2022 e la nuova lettura del danno presunto

Il punto di svolta giurisprudenziale è rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 33645/2022, che ha definitivamente superato la nozione di “danno in re ipsa”, proponendo l’adozione delle categorie di “danno normale” o “danno presunto”.

Secondo tale pronuncia, la perdita del godimento del bene da parte del proprietario non si presume automaticamente per effetto della condotta illecita altrui, ma deve essere dedotta e, se necessario, dimostrata, seppur attraverso mezzi indiretti.

Questa evoluzione ha inciso profondamente sull’interpretazione degli artt. 1226, 2043, 2059 c.c., chiarendo che anche il danno non patrimoniale deve essere allegato e giustificato, non potendo mai considerarsi insito nell’illiceità del fatto.

La quantificazione del danno: canone locativo e liquidazione equitativa

Una volta accertata la perdita del godimento, la quantificazione del danno non richiede necessariamente una prova analitica dell’ammontare subito. Il giudice può procedere ad una liquidazione equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c., tenendo conto, ad esempio, del valore del canone locativo di mercato dell’immobile nel periodo di occupazione abusiva.

La funzione della liquidazione equitativa è compensare la mancanza di una prova precisa, ma non può sostituirsi all’allegazione del danno: è possibile solo dopo l’accertamento dell’an debeatur.

Confronto tra danno patrimoniale e danno non patrimoniale

Nel contesto dell’occupazione sine titulo, il danno è normalmente patrimoniale e si traduce nella perdita del reddito che il proprietario avrebbe potuto trarre dal bene (es. locazione).

Tuttavia, può configurarsi anche un danno non patrimoniale, ad esempio per il turbamento o il disagio subito, ma in tal caso la parte attrice dovrà dimostrare l’effettività del pregiudizio, trattandosi di voce eccezionale e non automatica, come chiarito anche dall’art. 2059 c.c. e dalla giurisprudenza di legittimità.

Conclusioni operative per l’azione risarcitoria

Il proprietario che subisce un’occupazione abusiva di un immobile può agire per ottenere il risarcimento del danno. Tuttavia, non potrà limitarsi ad allegare la mera occupazione, ma dovrà:

  • indicare le modalità con cui avrebbe potuto godere dell’immobile,
  • fornire elementi da cui desumere, anche per presunzioni, tale possibilità di utilizzo perduta,
  • accettare che, in caso di contestazione specifica, dovrà provare il danno,
  • richiedere la liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., se manca una prova analitica dell’entità del pregiudizio.

L’evoluzione giurisprudenziale, culminata con le Sezioni Unite del 2022 e ribadita con l’ordinanza del 2025, impone un approccio rigoroso ma equilibrato alla materia del risarcimento da occupazione sine titulo, coerente con i principi del giusto processo e della responsabilità civile.

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