L’ordinanza n. 9313 della Cassazione civile, pubblicata il 9 aprile 2025, rappresenta un importante spunto di riflessione in tema di disciplina del contratto di comodato, in particolare nella sua forma “precaria”.
L’articolo analizza la disciplina del comodato, con particolare attenzione all’obbligo di restituzione dell’immobile a semplice richiesta del comodante, soffermandosi anche sulle eccezioni previste in presenza di un comodato ad uso abitazione familiare.
Verranno esaminati i riferimenti normativi rilevanti (artt. 1809, 1810, 1150 e 1414 c.c., art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.), nonché i criteri interpretativi utilizzati dalla Corte per distinguere tra comodato precario e comodato familiare.
Indice dei contenuti
- Il comodato di immobile: nozione e inquadramento normativo
- Comodato precario e comodato per uso abitazione familiare
- Obbligo di restituzione nel comodato precario: art. 1810 c.c.
- Prova del contratto di comodato e rilievo della destinazione dell’immobile
- Simulazione e nullità del contratto: art. 1414 c.c.
- Spese sostenute dal comodatario e art. 1150 c.c.
- I limiti del ricorso per cassazione: art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
- Riflessioni sull’ordinanza della Cassazione n. 9313/2025
Il comodato di immobile: nozione e inquadramento normativo
Il comodato è disciplinato dagli articoli 1803 e seguenti del codice civile. Si tratta di un contratto essenzialmente gratuito con cui una parte (comodante) consegna all’altra (comodatario) un bene mobile o immobile affinché lo utilizzi per un tempo o un uso determinato, con obbligo di restituzione.
Nel caso degli immobili, il comodato viene spesso utilizzato tra parenti o conoscenti per permettere un godimento gratuito, talvolta con finalità abitative, talvolta con scopi più generici.
L’art. 1809 c.c. distingue tra comodato a termine e comodato senza determinazione di durata, disciplinando la restituzione in relazione a ciascun caso.
L’art. 1810 c.c. regola il comodato precario, stabilendo che, se non è stato convenuto un termine, il comodante può esigerne la restituzione in qualsiasi momento.
Comodato precario e comodato per uso abitazione familiare
Nel caso deciso dalla Cassazione, il contratto sottoscritto il 5 febbraio 2016 prevedeva espressamente che l’immobile fosse concesso in comodato «per le comodità personali» del comodatario, con obbligo di restituzione a semplice richiesta.
È noto che il comodato ad uso abitativo, quando è destinato a soddisfare esigenze familiari stabili, può assumere connotati più rigidi: secondo l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, il comodante può recedere solo in presenza di gravi e imprevedibili motivi.
Tale fattispecie si differenzia nettamente dal comodato precario, ove invece non vi è alcuna limitazione al recesso.
Nella vicenda in esame, la Corte ha ritenuto che in mancanza di prova di un comodato familiare e alla luce del nuovo contratto del 2016, la qualificazione del rapporto come “comodato precario” fosse corretta.
Obbligo di restituzione nel comodato precario: art. 1810 c.c.
L’art. 1810 c.c. stabilisce che, in mancanza di un termine convenuto, il comodante può esigerne la restituzione in qualunque momento. Tale principio è stato pienamente applicato dalla Corte d’appello e dalla Cassazione, che hanno confermato la legittimità della domanda di rilascio formulata dai proprietari.
L’interpretazione dell’art. 1810 è particolarmente rigorosa: la volontà pattizia può derogare alla norma solo quando esista una chiara manifestazione di intento in tal senso, ad esempio con l’indicazione di un uso abitativo familiare. In difetto, la restituzione può essere chiesta immediatamente e il comodatario non può opporsi, anche se utilizza l’immobile come abitazione.
Prova del contratto di comodato e rilievo della destinazione dell’immobile
Il ricorrente sosteneva che l’uso dell’immobile come abitazione familiare, protrattosi per anni, dimostrasse l’esistenza di un contratto di comodato ad uso abitativo, anteriore e difforme rispetto a quello del 2016. Tuttavia, i giudici hanno ritenuto che tale uso potesse al più essere interpretato come “mera tolleranza” dei proprietari, non sufficiente a configurare un diverso titolo giuridico.
La Corte ha affermato che l’esistenza di un comodato con vincolo familiare deve essere rigorosamente provata e che l’utilizzazione dell’immobile, anche se abitativa, non può sovvertire il contenuto espresso del contratto, specie se successivo.
Simulazione e nullità del contratto: art. 1414 c.c.
Il ricorrente ha invocato la simulazione del contratto del 2016, ritenendolo solo formalmente qualificato come comodato precario, ma sostanzialmente destinato ad un uso abitativo familiare. In tal senso, si richiamava l’art. 1414 c.c., che disciplina la simulazione relativa e prevede che, ove vi sia divergenza tra la volontà reale e quella dichiarata, la volontà effettiva debba prevalere, purché debitamente provata.
Tuttavia, né in primo grado né in appello è stata avviata una vera e propria azione di simulazione, né è stata fornita prova alcuna in tal senso. La Cassazione ha quindi confermato che, in mancanza di prova della simulazione o dell’esistenza di un diverso accordo vincolante, il contratto del 2016 doveva considerarsi pienamente valido ed efficace.
Spese sostenute dal comodatario e art. 1150 c.c.
Il comodatario aveva eccepito di aver sostenuto spese rilevanti per la ristrutturazione dell’immobile, domandando il rimborso ex art. 1150 c.c., che consente al possessore di buona fede di ottenere il rimborso delle spese straordinarie.
Anche tale doglianza è stata rigettata: la Corte ha ritenuto che il comodatario avesse sostenuto tali spese di sua iniziativa, senza alcuna autorizzazione del comodante e senza che vi fosse un vincolo giuridico che giustificasse il rimborso. In tal caso, il comodatario agisce per un proprio interesse e, pertanto, non può invocare l’art. 1150 c.c.
I limiti del ricorso per cassazione: art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Il ricorso per cassazione è stato ritenuto inammissibile per violazione dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nella parte in cui si deducevano asserite violazioni di legge in realtà riferibili all’accertamento di fatto svolto dai giudici di merito.
La Corte ha ribadito che il vizio di violazione di legge si configura solo quando il giudice applichi una norma giuridica errata o in modo giuridicamente scorretto, mentre non rientra nel sindacato di legittimità la diversa valutazione delle prove. Il tentativo del ricorrente di ottenere un nuovo giudizio di merito mascherandolo sotto forma di violazione di legge è stato, pertanto, respinto.
Riflessioni sull’ordinanza della Cassazione n. 9313/2025
L’ordinanza in esame offre spunti rilevanti per la corretta impostazione e redazione dei contratti di comodato. La Corte conferma l’importanza del contenuto letterale del contratto e la necessità di fornire prova rigorosa per contestarne la simulazione o per dimostrare un uso abitativo stabile.
L’utilizzo prolungato dell’immobile come abitazione non è, di per sé, sufficiente a modificare la qualificazione giuridica del rapporto. Occorre che tale uso sia esplicitamente previsto o riconosciuto dalle parti, con chiari effetti giuridici.
La decisione ribadisce inoltre che, nel comodato precario, il comodante conserva il diritto di chiedere in qualsiasi momento la restituzione del bene, a prescindere dalle esigenze del comodatario, e che la giurisprudenza di legittimità non può essere adita per rivedere gli accertamenti di merito, salvo evidenti errori giuridici.
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