Clausola penale e inadempimento: effetti e differenze con il ritardo

La clausola penale svolge un ruolo centrale nei contratti, in quanto consente di predeterminare il danno risarcibile in caso di inadempimento o di ritardo.

In questo articolo analizziamo il funzionamento della clausola penale, le sue finalità, i riferimenti normativi applicabili e la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia, con particolare attenzione alla sentenza n. 9425 del 10 aprile 2025.

Indice dei contenuti

  • La clausola penale: funzione e disciplina legale
  • Clausola penale per inadempimento e per ritardo
  • L’inefficacia della clausola penale in caso di inadempimento definitivo
  • Il caso deciso dalla Cassazione con sentenza n. 9425/2025
  • L’applicazione dell’art. 1382 c.c. e il rapporto con l’art. 1453 c.c.
  • Le pronunce dei giudici di merito e l’intervento della Suprema Corte
  • Clausola penale e buona fede nell’esecuzione del contratto

La clausola penale: funzione e disciplina legale

La clausola penale è regolata dall’art. 1382 c.c., che consente alle parti di stabilire in via preventiva l’ammontare del risarcimento dovuto in caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento di una obbligazione. Si tratta di una pattuizione accessoria, il cui scopo è duplice:

  • rafforzare il vincolo contrattuale, fungendo da deterrente contro l’inadempimento;
  • predeterminare il danno, semplificando eventuali azioni risarcitorie.

La legge prevede che, se la penale è pattuita per l’inadempimento, il creditore non può domandare il risarcimento ulteriore se non dimostrando il maggior danno.

Se, invece, la penale è pattuita per il ritardo, essa si applica finché l’obbligazione principale resta adempiibile.

Clausola penale per inadempimento e per ritardo

La clausola penale può essere stipulata per due diverse ipotesi:

  • per l’inadempimento definitivo dell’obbligazione, caso in cui essa opera in luogo del risarcimento del danno ai sensi dell’art. 1382, comma 1, c.c.;
  • per il semplice ritardo nell’adempimento, situazione in cui la clausola si cumula con l’obbligazione principale e grava sul debitore fino a che egli resta tenuto ad adempiere.

Questa distinzione ha rilevanti conseguenze pratiche. Infatti, mentre la penale per inadempimento opera solo se il contratto si scioglie per mancata esecuzione, la penale per ritardo continua ad applicarsi ogni giorno finché l’obbligazione non è adempiuta. Tuttavia, se l’inadempimento diventa definitivo, viene meno anche l’obbligazione principale, e quindi la clausola penale per ritardo cessa di operare.

L’inefficacia della clausola penale in caso di inadempimento definitivo

La cessazione dell’efficacia della clausola penale per ritardo in presenza di un inadempimento definitivo trova fondamento sia nella natura accessoria della clausola sia nell’art. 1382 c.c.

Quando l’adempimento non è più possibile, la funzione della penale di stimolo all’esecuzione viene meno. Ne deriva che la clausola, pattuita per il solo ritardo, non può più trovare applicazione. In questi casi, il creditore può agire, in alternativa, con:

  • azione di adempimento, se l’esecuzione è ancora possibile;
  • azione di risoluzione, ex art. 1453 c.c., se l’inadempimento è definitivo.

La giurisprudenza ha affermato che non è più dovuta la penale giornaliera per il ritardo quando, accertata la definitiva impossibilità o la volontà di non adempiere, venga meno l’obbligazione principale.

Il caso deciso dalla Cassazione con sentenza n. 9425/2025

La Cassazione, con sentenza n. 9425 del 10 aprile 2025, ha cassato con rinvio la decisione della Corte d’Appello di Bologna che aveva erroneamente limitato l’applicazione della clausola penale al solo periodo anteriore al 31 luglio 2010.

Nel caso in esame, le società I. s.r.l. ed E. s.r.l. avevano stipulato un contratto preliminare di permuta avente ad oggetto immobili e villette. Furono concordate più proroghe alla data di stipula del contratto definitivo e, a ciascuna proroga, fu associata una penale giornaliera, progressivamente aumentata da euro 200,00 a euro 500,00.

Nonostante la fissazione di nuove date, il contratto definitivo non fu mai stipulato e la società I. non si presentò nemmeno alla convocazione del notaio del 15 dicembre 2010.

E. ottenne così un terzo decreto ingiuntivo per le penali maturate dal 16 dicembre 2010 al 22 gennaio 2014.

L’applicazione dell’art. 1382 c.c. e il rapporto con l’art. 1453 c.c.

Secondo la Suprema Corte, l’art. 1382 c.c. non legittima l’applicazione della penale oltre il momento in cui si sia verificato l’inadempimento definitivo, salvo che le parti abbiano previsto una penale anche per l’inadempimento in sé.

Nel caso di specie, le penali erano chiaramente riferite al ritardo nella stipula e non all’inadempimento definitivo. La società I., con proprie comunicazioni, aveva manifestato l’impossibilità (o la volontà) di non procedere alla stipula del contratto, configurando un inadempimento definitivo.

Pertanto, la Cassazione ha ritenuto che la clausola penale per ritardo non potesse più trovare applicazione dopo il 15 dicembre 2010, data in cui E. aveva convocato inutilmente I. per la stipula del contratto.

L’art. 1453 c.c., che regola la risoluzione del contratto per inadempimento, evidenzia che una volta venuto meno l’interesse all’adempimento, le parti possono risolvere il contratto, cessando ogni obbligazione ulteriore (compresa l’applicazione della penale per ritardo).

Le pronunce dei giudici di merito e l’intervento della Suprema Corte

Il Tribunale di Reggio Emilia, con sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo, aveva ridotto l’importo della penale giornaliera da euro 500 a euro 200, ritenendola eccessiva, e aveva liquidato l’importo complessivo dovuto in euro 27.200,00.

La Corte d’appello di Bologna aveva accolto l’appello incidentale della società I., escludendo ogni penale per il periodo successivo al 31 luglio 2010, sul presupposto che da quella data l’inadempimento fosse divenuto definitivo.

La Cassazione ha tuttavia rilevato che l’appello incidentale di I. risultava rinunciato e che, pertanto, la Corte d’appello non avrebbe potuto limitare l’applicazione della penale al solo periodo anteriore al 31 luglio 2010. La sentenza della Corte d’Appello è stata pertanto cassata con rinvio.

Clausola penale e buona fede nell’esecuzione del contratto

Ulteriore profilo affrontato è quello della buona fede nell’esecuzione del contratto. La società I. aveva eccepito che la richiesta di penale fosse contraria a buona fede, in quanto E. avrebbe prestato acquiescenza alla mancata stipula.

Il Tribunale ha respinto l’eccezione, ritenendo che la richiesta di pagamento della penale fosse espressione legittima della facoltà contrattualmente prevista.

Anche sotto questo profilo, la giurisprudenza conferma che l’esercizio di un diritto pattuito non può essere ritenuto abusivo, salvo prova concreta di comportamento elusivo o scorretto. Tuttavia, una volta accertato l’inadempimento definitivo, la pretesa di penale per ritardo può risultare infondata, poiché non più giustificata dalla permanenza dell’obbligazione principale.

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