Nel diritto civile, la distinzione tra beni fungibili e infungibili riveste un ruolo centrale per la corretta applicazione delle norme in materia di contratti, obbligazioni e trasferimento della proprietà.
Comprendere cosa distingue un bene fungibile da uno infungibile, sia per natura sia per volontà delle parti, è essenziale per operare correttamente in ambito patrimoniale e negoziale.
Analizzeremo in dettaglio le caratteristiche giuridiche di entrambe le categorie, con riferimenti normativi e giurisprudenziali, approfondendo le conseguenze pratiche che derivano da tale distinzione.
Indice dei contenuti
- Cosa sono i beni fungibili
- Caratteristiche dei beni infungibili
- Volontà delle parti e fungibilità
- Differenze di regime giuridico
Cosa sono i beni fungibili
I beni fungibili (detti anche beni di genere o beni generici) sono quei beni che vengono individuati unicamente in base alla loro appartenenza a un determinato genere, senza alcun riferimento alla loro identità specifica. L’interesse giuridico ed economico è rivolto esclusivamente alla quantità e qualità del bene, non all’esemplare preciso.
Esempi tipici di beni fungibili sono:
- Il denaro (nessuno pretende una determinata banconota da 100 euro, ma solo il valore corrispondente)
- I titoli di Stato
- I prodotti alimentari venduti a peso (grano, vino, olio)
- Le materie prime (carbone, metalli, ecc.)
La fungibilità implica che il bene possa essere sostituito da un altro della stessa specie, qualità e quantità senza alterare l’oggetto dell’obbligazione.
La Corte di Cassazione ha sottolineato questo principio affermando che il creditore ha diritto a ricevere una determinata quantità del bene richiesto, e non un determinato esemplare (Cass. 9 ottobre 2012, n. 17178).
Caratteristiche dei beni infungibili
I beni infungibili sono quelli individuati nella loro identità specifica. In questi casi, l’interesse delle parti è rivolto proprio a quello specifico bene, che non può essere sostituito con un altro dello stesso genere.
Esempi classici di beni infungibili sono:
- Un’opera d’arte originale
- Un immobile determinato (es. l’appartamento sito in via Verdi n. 3)
- Oggetti unici o personalizzati, come un orologio appartenuto a una celebrità
La natura infungibile è generalmente collegata all’unicità o irripetibilità del bene, ma può anche derivare da circostanze soggettive, come il valore affettivo attribuito a un bene da una delle parti.
Volontà delle parti e fungibilità
La fungibilità o infungibilità di un bene può derivare non solo dalla sua natura intrinseca, ma anche dalla volontà delle parti. Tale volontà può attribuire carattere infungibile a un bene che, normalmente, sarebbe ritenuto fungibile.
Ad esempio, un libro comunemente in commercio è un bene fungibile, ma può divenire infungibile per l’acquirente se è una copia appartenuta a una persona cara, rendendo quell’esemplare insostituibile. Questo principio riconosce l’importanza della soggettività nella qualificazione giuridica del bene.
Differenze di regime giuridico
La distinzione tra beni fungibili e infungibili non è solo teorica, ma produce rilevanti conseguenze giuridiche, specialmente in ambito contrattuale.
Trasferimento della proprietà: art. 1376 e 1378 c.c.
La normativa distingue in modo chiaro i requisiti per il trasferimento della proprietà nei due casi:
- Per i beni infungibili, è sufficiente il consenso delle parti (cosidetto consenso traslativo), secondo quanto disposto dall’art. 1376 c.c.. Non è necessario alcun atto materiale di consegna o separazione del bene.
- Per i beni fungibili, invece, l’accordo non è sufficiente. L’art. 1378 c.c. prevede che, per il trasferimento della proprietà, sia necessaria la specificazione o separazione fisica del bene (es. pesatura, misurazione, numerazione). Fino a quel momento, il compratore ha soltanto un diritto di credito, non ancora la proprietà.
Esempio pratico: se acquisto un metro di stoffa, divento proprietario solo dopo che il commerciante ha tagliato e consegnato quella specifica porzione di stoffa.
Conseguenze giuridiche in caso di perimento del bene
Una massima giuridica antica ma ancora attuale afferma: “genus numquam perit” (il genere non perisce mai).
Questo significa che, in caso di obbligazione avente ad oggetto beni fungibili, la perdita di quelli specificamente destinati all’adempimento non libera il debitore, poiché altri beni dello stesso genere sono comunque disponibili.
Se mi sono obbligato a consegnare un litro di vino di una certa qualità e quello che avevo va perduto, sono comunque tenuto a procurarmi altro vino equivalente e adempiere l’obbligazione.
Al contrario, se perisce un bene infungibile, l’obbligazione si estingue per impossibilità oggettiva e definitiva, in quanto quel bene non è sostituibile.
Mutuo e comodato: distinzione sulla base della fungibilità
Anche il regime dei contratti reali si fonda sulla distinzione tra beni fungibili e infungibili:
- Il mutuo (art. 1813 c.c.) ha per oggetto beni fungibili e comporta il trasferimento della proprietà al mutuatario, con l’obbligo di restituire altrettanti beni della stessa specie e qualità (es. prestito di denaro o di un chilo di farina)
- Il comodato (art. 1803 c.c.) riguarda, invece, beni infungibili, concessi in uso gratuito, con obbligo di restituzione dello stesso identico bene ricevuto (es. prestito di un’automobile specifica)
La differenza ontologica tra i beni incide direttamente sulla natura del contratto e sugli obblighi delle parti.
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