Azione di restituzione immobile | Contro il beneficiario ed il terzo acquirente

L’azione di restituzione dell’immobile conseguente all’accoglimento dell’azione di riduzione è uno strumento giuridico attraverso il quale il legittimario, una volta accertata la lesione della propria quota di riserva tramite l’azione di riduzione, può ottenere la reintegrazione concreta nel patrimonio ereditario.

La normativa codicistica regola puntualmente i presupposti e gli effetti della restituzione, non solo nei confronti del beneficiario della disposizione lesiva ma, in taluni casi, anche verso i terzi acquirenti.

Di seguito si analizza in dettaglio la disciplina dell’azione di restituzione immobiliare, con specifico riferimento agli articoli 561, 563 e 2652 del codice civile.

Indice dei contenuti

L’azione di restituzione a seguito dell’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione

L’azione di riduzione consente al legittimario di far dichiarare, con efficacia retroattiva, l’inefficacia delle disposizioni testamentarie o delle donazioni lesive della legittima.

Una volta passata in giudicato la sentenza che accoglie l’azione di riduzione, le disposizioni lesive si considerano come mai avvenute e i beni rientrano nel patrimonio del de cuius sin dal momento dell’apertura della successione.

Tuttavia, detta sentenza non comporta automaticamente il trasferimento materiale dei beni al legittimario. Per ottenere tale trasferimento è necessario, in caso di mancata restituzione spontanea da parte del beneficiario, esercitare una distinta azione: l’azione di restituzione.

Art. 561 c.c.: la liberazione dell’immobile da pesi e ipoteche

Ai sensi dell’art. 561, comma 1, c.c., i beni immobili oggetto della disposizione lesiva, una volta restituiti, rientrano nell’asse ereditario liberi da ogni peso o ipoteca eventualmente costituiti dal beneficiario.

La regola generale dell’effetto retroattivo, tuttavia, trova un temperamento in presenza di determinati presupposti temporali e pubblicitari:

  • i pesi e le ipoteche restano efficaci se la riduzione è domandata dopo venti anni dalla trascrizione della donazione;
  • ai sensi dell’art. 2652, n. 8, c.c., i diritti reali acquisiti a titolo oneroso da terzi restano salvi se trascritti anteriormente alla trascrizione della domanda giudiziale, a condizione che siano trascorsi dieci anni dall’apertura della successione.

In questi casi, pur non potendo il legittimario recuperare il bene libero da pesi, ha comunque diritto a una compensazione in denaro da parte del donatario, erede o legatario, in misura pari al minor valore del bene gravato.

I frutti dell’immobile e il dies a quo dell’obbligo restitutorio

L’art. 561, comma 2, c.c., stabilisce che i frutti dell’immobile oggetto della disposizione lesiva sono dovuti a decorrere dal giorno della domanda giudiziale.

Il legislatore presume, in tal caso, la buona fede del beneficiario che ha detenuto il bene in virtù di un atto giuridicamente valido sino al momento dell’accoglimento dell’azione di riduzione.

Di conseguenza, l’obbligo restitutorio dei frutti sorge solo con l’instaurazione del giudizio e non retroattivamente alla data di apertura della successione.

Natura giuridica dell’azione di restituzione contro il beneficiario

L’azione di restituzione contro il beneficiario si configura come azione personale esercitabile esclusivamente contro il beneficiario della disposizione lesiva — erede, legatario o donatario.

L’obiettivo dell’azione è quello di ottenere la restituzione concreta dei beni attribuiti in violazione dei diritti riservati ai legittimari.

In alternativa, qualora la restituzione in natura non sia possibile (per avvenuta alienazione o presenza di pesi), il beneficiario è obbligato a reintegrare i legittimari per equivalente, versando una somma pari al valore del bene alla data di apertura della successione.

L’art. 563, comma 1, c.c., disciplina inoltre l’ipotesi in cui, in caso di alienazione del bene, la restituzione possa essere richiesta anche ai terzi acquirenti, ma solo dopo l’infruttuosa escussione del patrimonio del beneficiario.

Ipotesi in cui non è necessaria l’azione di restituzione

Non sempre l’azione di restituzione è necessaria. In particolare, essa è superflua quando l’accoglimento dell’azione di riduzione si traduce soltanto in una modifica delle quote ereditarie astratte.

Si pensi all’ipotesi in cui il de cuius abbia disposto l’intero patrimonio tra più eredi, includendo legittimari e non: l’effetto dell’azione di riduzione, in tal caso, comporta esclusivamente una nuova ripartizione delle quote e non una restituzione materiale di beni determinati.

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Azione di restituzione contro i terzi acquirenti

Quando i beni oggetto delle disposizioni lesive siano stati trasferiti dal beneficiario a terzi, l’art. 563, comma 1, c.c. consente l’azione di restituzione contro i successivi acquirenti, purché:

  • il legittimario abbia vittoriosamente esercitato l’azione di riduzione;
  • il bene sia stato trasferito dal beneficiario successivamente alla donazione o alla disposizione testamentaria;
  • il beneficiario sia risultato insolvente, rendendo vano il tentativo di reintegrazione per equivalente;
  • non siano decorsi:
    • 10 anni dall’apertura della successione, se il terzo ha acquistato a titolo oneroso con atto trascritto prima della domanda giudiziale (art. 2652, n. 8, c.c.);
    • 20 anni dalla trascrizione della donazione, salva la sospensione del termine a seguito di atto di opposizione (art. 563, comma 1, c.c.).

Il meccanismo di tutela dei legittimari trova applicazione, in via generale, anche nei confronti delle disposizioni testamentarie, pur se l’art. 563 fa espresso riferimento alle sole donazioni, essendo la disciplina estensibile, nei limiti della compatibilità, anche agli atti mortis causa.

Natura giuridica dell’azione di restituzione contro i terzi

Diversamente da quella esercitata contro il beneficiario, l’azione di restituzione contro i terzi acquirenti ha natura reale.

Essa si fonda sul diritto del legittimario a recuperare il bene oggetto della disposizione lesiva direttamente nei confronti del soggetto che, seppur estraneo alla successione, ne ha acquisito la titolarità in via derivativa.

Il diritto esercitato ha per oggetto il bene stesso, con la conseguenza che l’azione può essere intentata anche in mancanza di un rapporto personale tra legittimario e acquirente, purché non sussistano le condizioni che rendano l’acquisto del terzo intangibile, ai sensi degli artt. 2652 e 563 c.c.

In presenza di beni mobili, l’azione non è esperibile se il terzo ha acquistato in buona fede e a titolo oneroso, in conformità con l’art. 1153 c.c. Diversamente, se il terzo acquirente non poteva ignorare l’esistenza di un possibile conflitto successorio, il legittimario potrà comunque agire in restituzione.

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